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Beati i puri di cuore

perché vedranno Dio

1. Queste parole ci dicono che un determinato assetto del nostro cuore, e cioè il suo stato di purezza, effonde in noi una perfetta beatitudine, quella gioia piena che è la donazione finale, lo scopo ultimo della missione di Gesù (Giovanni 15,11). Queste parole ci dicono inoltre che il motivo più profondo di questa beatitudine, che è pienezza di vita, vita in abbondanza, consiste nel vedere ciò che è per sua natura l’Invisibile, e cioè Dio. C’è dunque una connessione tra purificazione del cuore, trasformazione della vista e beatitudine, ed il fulcro di questo movimento verso la gioia è proprio il cuore. E’ il cuore che viene sottoposto a mutazione, è il centro del nostro essere, la sede del governo di tutte le nostre facoltà, che viene modificata. La parola cuore deriva dalla radice indoeuropea KRD, da cui proliferano anche le parole centro, cesare, o zar. Chi regna? si chiedeva il poeta Paul Celan. Chi regna veramente dentro di me? Regna il vero Re, il Principe-Principio del mio essere, oppure una masnada di crudeli usurpatori?

2. Ad ogni respiro ci rendiamo conto di dover ripartire ogni volta da un cuore che non è affatto unificato nel proprio principio, da un cuore cioè diviso. Se il cuore puro è essenzialmente un cuore semplificato (Sap. 1,1), il cuore impuro è per sua natura molteplice, è Legione, pluralità di intenzioni caotiche e conflittuali tra loro : “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive : fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”.(Marco 7,21)
Se il mio cuore è unificato e semplice, in quanto è centrato nel cuore del mio Re, che è anche il vero centro di tutto l’universo, esso è al contrario integro, e cioè sano : sano e salvo : la salute integrale, infatti, che è salvezza piena (salus), coincide con una integrità, che è unificazione e integrazione di tutti i livelli del nostro essere: fisico, emotivo, mentale, e spirituale. E’ solo questa sanità-integrità del cuore, e quindi dello sguardo, che fa di noi poli radianti della Luce che ci dà la vita : “La lucerna del corpo è l’occhio, se dunque il tuo occhio è semplice-unificato (aplous), tutto il tuo corpo sarà nella luce”.(Matteo 6,22)

3. Il passaggio dal cuore scisso al cuore puro è un processo ciclico reiterato che ognuno di noi rivive infinite volte a livelli sempre più intimi e profondi, è quel processo iniziatico di trasformazione radicale della nostra identità, della forma mentis del nostro io, che oggi chiede di essere risperimentato e riproposto in itinerari conformi alla sensibilità e alla cultura dell’uomo contemporaneo. Proprio ora, infatti, in questi anni così turbolenti e per tanti versi così bui e oppressivi, proprio ora è tempo di una giusta nascita, per citare ancora Paul Celan. Proprio questo è il tempo propizio per riproporre l’iniziazione in Cristo per ciò che essa è: il miracolo della nascita in me di un uomo che mi rivela fino in fondo il volto della persona che io sono, consumando via via tutte le brutte figure con cui mi ero fino ad ora identificato. E’ solo questa riscoperta contemporanea della forza sconvolgente e sovversiva della metanoia che ci darà l’energia spirituale necessaria a rilanciare anche un progetto politico adeguato alle sfide planetarie che ormai ci assediano da tutte le parti.

4. Vediamo adesso molto in sintesi gli stati del cuore che ogni volta riattraversiamo nel nostro esodo permanente dal cuore prigioniero, e per questo captivus, al cuore beato, e per questo libero e capace di donare libertà e pace.
Il primo stato di partenza, da cui in realtà quasi ad ogni respiro dobbiamo ripartire, è dunque quello del cuore di pietra. La durezza del nostro cuore, la nostra sclerocardìa (Marco 10,5), è determinata proprio dal fatto che non siamo più in contatto con la fonte del nostro essere. La durezza è cioè un effetto della scissione, e quindi della nostra debolezza intrinseca. Quando siamo deboli in questo senso, diventiamo anche rigidi e duri di cuore. Più l’uomo è alienato, più è fragile, e più sarà aggressivo, per mascherare o compensare la propria paura. In tal senso i nostri vizi sono sempre “debolezze”, e il cuore di pietra è in realtà un cuore handicappato, che non sa più andare a tempo, e che perciò finisce per mandare alla malora tutti gli altri ritmi della vita : emozioni, desideri, attività mentale, comportamenti. Se il nostro cuore è duro, perché è scisso, le energie del cielo e della terra non riescono ad integrarsi e a coniugarsi nel centro vitale impietrito del nostro essere, per cui danno vita ad espressioni distorte e unilaterali, o di intellettualismo astratto o di spiritualismo sentimentalistico o di attivismo isterico o di erotismo esasperato e impotente. Non è questo ciò che sperimentiamo un po’ dappertutto come psicopatologia del nostro mondo ipertecnologico? Non è questo lo schema schizoide di un mondo che ha perduto il centro, ed è quindi sempre più drammaticamente senza cuore?

5. Normalmente è il dolore che ci desta dall’incubo del nostro cuore pietrificato. L’accumulo di negatività che abbiamo prodotto nelle varie aree della nostra esistenza giunge a un culmine, ad una crisi, che ci spinge ad una qualche revisione. E così il nostro cuore duro e impenitente-ametanòetos (Rm 2,5) si convince alla metanoia, si piega alla conversione, ed entra così nel secondo stato. Il cuore in conversione è un cuore che si scruta. Non proietta più il proprio male sugli altri o contro il mondo, ma impara a vederne le radici dentro di sé e a confessarlo. Il cuore in conversione è sempre un cuore in confessione. Questo stato ammorbidisce la rigidezza delle nostre inferriate psichiche, ma di per sé non può offrirci il raggiungimento della purezza di una perfetta integrità. Lo stato dell’io in conversione è perciò un po’ come uno stato battistico: ci si prepara per il Regno, ma si appartiene ancora all’antico ordine psico-cosmico. E a questo livello, appunto preparatorio, si fermano necessariamente tutti i lavori psicoanalitici o di meditazione autoosservativa che possiamo intraprendere per lenire le ferite della nostra scissione interiore.

6. “Crea in me, o Dio, un cuore puro” (Salmo 50,12).
Alla confessione sempre più consapevole delle mie negatività, da cui imparo a disidentificarmi proprio identificandole con precisione dentro di me, deve seguire un vero e proprio atto creativo da parte di Dio. E’ solo nel miracolo ri-creativo del perdono, che in Cristo diviene dinamica storica universale, che il peccato della mia scissione originaria da me stesso, da Dio e dagli uomini, viene tolto, e il mio cuore esperimenta la pace di una inaudita purezza (Ebrei 10,22), di una santità immacolata (Ef.1,4), capace di operatività riconciliativa nel mondo.
Il cuore immacolato, dunque, terzo stato del nostro percorso, genera un io che sussiste solo nella sua relazione alla Fonte vivente del tutto, e cioè in relazione con il Padre. L’io mariano vive solo di questa relazione, attraverso la quale si nutre, si istruisce, e viene fecondato. Il cuore immacolato lascia maturare dentro di sé la Figura Umana (maschio e femmina) che viene dall’alto, accogliendone il seme nell’ascolto : il cuore immacolato è perciò sempre gravido.

7. C’è un “uomo nascosto in fondo al cuore” (1Pietro 3,4), che vuole emergere dal nostro cuore reso immacolato. La purezza mariana del nostro cuore non è dunque la mèta del viaggio iniziatico, ma lo stato intermedio che rende possibile la procreazione dall’alto (Gv.3,3), e cioè attraverso l’opera dello Spirito, dell’Uomo (maschio e femmina) nella sua verità divina.
Nel mio cuore immacolato nasce cioè ad ogni istante il Cristo, e in questa dinamica io stesso vengo rivelato a me stesso come donna o come uomo veri in una processualità che è la mia personale ed unica storia della salvezza. Più mi lascio assorbire da questa dinamica trans-figurativa e più sarò in grado di incarnare nei contesti concreti della mia esistenza l’Uomo che toglie il peccato dal mondo, e quindi la vera umanità di pace. Più la mia vita si farà cristofora, e quindi missionaria, e più aspra sarà d’altronde l’opposizione che incontrerò da parte di tutte le strutture psichiche e politiche, interne ed esterne, radicate nel cuore scisso e infelice di questo mondo. Ma la beatitudine crescerà comunque ineluttabile, perché in questa fatica procreativa io ricevo il dono della mia figliolanza divina, e imparo a vedere Dio nella misura in cui divento divino io stesso, fino a quando, al di là di tutti questi muri residui impastati di morte e di nulla, vedrò finalmente Dio con gli occhi di Dio, divenuti i miei (1Cor.14,12).

8. Tutta questa energia di rinnovamento e di gioia attende di essere sperimentata a nuovi livelli di profondità. I cuori beati delle donne e degli uomini attendono di irrompere sulla scena intorpidita di questi anni melensi e criminali con ventate di ossigeno e di creatività, per rovesciare il palcoscenico dell’oscena rappresentazione in corso. Forse siamo giunti per davvero alla cresima del mondo, forse è tempo di incarnare con nuova consapevolezza e maturità i misteri deificanti di Cristo, forse è tempo di scatenarne la potenza dirompente dentro le estreme impalcature putrescenti, storiche, culturali, e anche ecclesiali, appartenenti al cuore diviso dell’uomo vecchio e alle sue paure ancestrali. Forse è tempo di capire che solo dalla gioia può scaturire un’operatività davvero liberatoria, altrimenti non facciamo che riprodurre intorno a noi gli inferni delle nostre ferite irrisolte, come abbiamo fatto per millenni in nome di Dio o di qualche suo surrogato ideologico. Lavoriamo perciò assiduamente sulla terra indurita dei nostri cuori con l’aratro dello Spirito che tutto dissoda, perché è solo nella gioia del cuore integro e canterino che Dio si fa uomo e cambia la faccia del mondo. Proprio ora.