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L’ultima lezione

 Non rifiutare l’afa di questo pomeriggio calabrese.
Non rifiutare la tua paura.
Non rifiutare la tua meschinità e il tuo orgoglio,


Il senso pungente della tua inferiorità e la percezione di una superiorità
Che giudica e pone sotto o sopra le persone
In base a scale di giudizio inflessibili e crudeli.
Tu non giudicare il tuo giudizio, non condannarti.

Non rifiutare quell’ombra che odi dentro di te,
Né quell’altra che la odia, non separarti da niente.
Non rifiutare l’amarezza della prima mattina
Né il tuo peccato più frequente.

Lascia che io ti dilati: tu
Contieni, accogli, accetta, risana.
Guarda con dolcezza la tua avidità di bambino defraudato.
Guarda con amore la tua arroganza, la tua chiusura.
Guarda alle tue piccolezze come guarda una madre
Al figlio che agita i pugnetti per respingerla piangendo.

Così amerai il tuo assassino e pregherai per lui.
Guarderai con dolcezza il persecutore, chi ti esclude crudelmente,
Chi ti umiliò e ti sconfisse, senza nemmeno riconoscerti.

Non rifiutare niente. Non giudicare. Non condannarti.
Resta uno, unanime, un’anima indivisa. Resta coerente.
Non resistere al male. Non raddoppiarlo. Fattene madre.
Fattene intermediario, medico.
Fatene carico.
E cura.

Allora la misericordia lo scioglierà nel tuo cuore,
Perché è sempre un rifiuto che alimenta il fuoco distruttivo.
Mentre l’accettazione scioglie il ghiaccio e unge le ferite.

E non rifiutare nemmeno il tuo rifiuto. Non ti accanire.
Giocaci piuttosto, cantagli una canzone, fanne una storia,
E lo vedrai sfumare quanto meno ti ci contrapponi.

Comprendi questa mia lezione? Ti suona? Vuoi questo mio cuore
Che non nega? Vuoi conoscere il mio divino amore?
Vuoi la perfezione?
E’ tutta qui, in queste braccia
Comunque aperte, anche se mi uccidi.