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La fede richiede pensiero

Una delle cause della crisi della fede cristiana risiede nell’attuale povertà del suo pensiero, e, poiché il pensiero cristiano alimenta da due millenni la creatività culturale dell’intero Occidente, possiamo dire che la crisi della fede cristiana coincida in definitiva con l’attuale semiparalisi della creatività spirituale dei popoli che chiamiamo occidentali.

In tal senso il Cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger scriveva già negli anni ’80: “A generare l’universo scientifico, moderno e secolarizzato, è stato il mondo occidentale, nato dalla Parola biblica. Di conseguenza la crisi di questo mondo è una crisi della fede.(…)
La crisi del nostro secolo, nella misura in cui esso vive del trionfo dell’Occidente, è una crisi collettiva del cristianesimo stesso”.

Crisi della modernità, quindi, e crisi della fede cristiana non sono due fenomeni distinti tra di loro, ma rappresentano lo stesso fenomeno, osservato da due punti di vista differenti.
Il problema che sorge mi pare questo: in che modo la crisi della cultura moderna, il suo attuale declino nichilistico, provoca e coinvolge la nostra fede? Come possiamo rinnovare la nostra esperienza di Dio in Cristo attraversando queste terribili purificazioni? Quali aspetti storici del cristianesimo stanno morendo in questa passione culturale? Quali aspetti della modernizzazione dobbiamo assimilare come stimoli evolutivi, e quali dobbiamo invece riconoscere nella loro natura intrinsecamente distruttiva?

Perché il problema consiste proprio nel capire meglio che cosa stia accadendo sul pianeta terra, nell’elaborare un racconto di questi ultimi secoli, plausibile e coerente, che ci aiuti a comprendere, ad esempio, se i fenomeni che chiamiamo “secolarizzazione” siano da interpretare complessivamente come anticristiani, oppure se in essi, almeno in parte, non si sia espresso proprio lo spirito della Nuova Umanità del Cristo, come ci suggerì Benedetto XVI: “In un certo senso la storia viene in aiuto alla Chiesa attraverso le diverse epoche di secolarizzazione, che hanno contribuito in modo essenziale alla sua purificazione e riforma interiore”. (Discorso durante l’Incontro con cattolici impegnati nella Chiesa e nella società – Freiburg 25 settembre 2011).

E’ questa immensa opera di discernimento che ancora manca, tanto che, anche in seno alla Chiesa, manca una visione complessiva, unitaria e sensata, di ciò che è accaduto in Europa dal 1500 in poi. Perciò la nostra cultura è debole, e anche la nostra fede non trova spesso le parole giuste per essere efficace annuncio di Nuova Umanità.

La Nuova Evangelizzazione perciò richiede una nuova centralità contemplativa, da cui possa scaturire quella fiamma di Visione e di Pensiero che sappia illuminare in modo nuovo e potente la storia umana che giunge fino a noi, una storia che dall’Occidente cristiano si apra ai processi di unificazione planetaria che ormai rappresentano l’oggi messianico.

Perciò ancora Benedetto XVI ci ha ricordato nella Enciclica “Caritas in veritate” che senza pensiero nessuna evoluzione umana risulta possibile: “Paolo VI notava che ‘il mondo soffre per mancanza di pensiero’. L’affermazione contiene una constatazione, ma sopratutto un auspicio: serve un nuovo slancio del pensiero” (n. 53).