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Il matrimonio come opera d’arte

Sfide e opportunità di una crisi

Nella nostra riflessione sulla situazione del matrimonio oggi, in questo nostro tempo, dobbiamo innanzitutto partire dal riconoscimento della crisi che è in atto, per poi tentare di vedere se questa crisi porti con sé delle opportunità evolutive. Per intuire queste opportunità dobbiamo cioè chiederci prima quale tipo di matrimonio sia in crisi, e perché ci sia questa crisi, e da quanto tempo, e così via.
Per comprendere tutti i fenomeni contemporanei, in altri termini, senza cadere in giudizi superficiali e in semplici slogans (tipo: difendiamo la famiglia, oppure: basta con la famiglia patriarcale) è necessario un lavoro di profonda lettura e interpretazione dei segni dei tempi, che sono quasi sempre ambigui, né solo positivi né solo negativi, per cui ci convocano ad un attento e spesso sottile discernimento.
Dunque procederemo così:
1)prima esamineremo molto in breve alcuni dati recenti sulla crisi dell’istituto matrimoniale nei paesi dell’Unione Europea;
2)poi tenteremo di comprendere la genesi e le motivazioni storiche di questa crisi;
3)ed infine proveremo a delineare alcune direzioni possibili di uscita da questa crisi, a vedere cioè come sia possibile uscirne in avanti, dando vita ad un matrimonio che sia davvero un’opera d’arte.

La crisi del matrimonio come opportunità di purificazione

1. Sulla crisi del matrimonio come dato sociologico non c’è molto da dire, è qualcosa che riscontriamo un po’ tutti nella nostra vita quotidiana. Ma alcuni dati possono darci la misura di questa crisi.
L’Istituto di politica familiare, che ha sede a Madrid, ha elaborato di recente un Rapporto sul matrimonio nei paesi dell’UE, in cui veniamo a sapere che dal 1980 al 2004 i matrimoni sono diminuiti di 663.000 unità, nonostante la popolazione sia aumentata di 31 milioni di persone. I figli nati fuori dal matrimonio sono oltre il 30%, con punte del 55% in Svezia, mentre in Italia siamo ancora al 15%. Dal 1990 al 2004 infine sono falliti oltre 10 milioni di matrimoni nei paesi dell’UE, mentre il trend sale e negli USA ormai oltre il 45% dei matrimoni sono seconde nozze.

2. Passiamo subito dunque al secondo punto, per renderci conto che questa crisi del matrimonio, che precipita nella 2a metà del XX secolo e continua ad accelerarsi, inizia in realtà molto prima. Già nel XIX secolo il matrimonio incomincia ad essere accusato di essere spesso solo un luogo di ipocrisie e di violenze, di conformismo borghese e di pure convenzioni sociali. Dobbiamo ascoltare e comprendere bene queste critiche, e approfondirne le ragioni, se vogliamo per davvero dar vita ad un matrimonio adatto per il XXI secolo. Dobbiamo cioè purificare il matrimonio assorbendo tutte le critiche giuste e fondate che sono state mosse contro le sue configurazioni storiche. Solo questo lavoro dialettico, che in realtà è un processo di revisione spirituale, potrà dare credibilità e attualità alla proposta di una unione matrimoniale libera e ricca di prospettive future.

3. Passeremo perciò rapidamente in rassegna quattro grandi critiche che hanno svalutato agli occhi dell’umanità contemporanea l’istituto del matrimonio, e che quindi stanno anche alla base della sua attuale crisi:
a) il matrimonio è la tomba della creatività femminile, e della sua libertà in generale (pensate a Ibsen). Nel matrimonio si riproducono con violenza le rigide differenziazioni di genere, per cui la donna deve stare a casa a occuparsi della cucina e dei figli, mentre all’uomo è attribuito lo spazio esterno, del lavoro e della guerra.
b) Il matrimonio è la tomba della spiritualità davvero elevata (Kierkegaard). E’ fatto per chi non è destinato alle più alte realizzazioni spirituali. Aut liberi aut libri, diceva Nietzsche: o si fanno i figli o si scrivono i libri. Cosa che mi ha sempre ripugnato, pensando a Bach o a Tolstoj, tanto che in due anni, tra il 1987 e il 1988, ebbi due figlie e pubblicai i miei primi due libri: figli di carne e figli di carta insieme. Ma san Paolo non dice la stessa cosa quando asserisce che “chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso”(1Cor 7,33)? Strano poi che Gesù abbia scelto come primo papa proprio un uomo così “diviso”, in quanto sposato, e che per giunta ha continuato a portarsi dietro sua moglie (1Cor 9,5)! Comunque sta di fatto che il matrimonio è stato criticato per secoli come luogo poco idoneo alla spiritualità, e ancora più profondamente allo stesso amore. Da Dante e Petrarca in poi, infatti, e fino al Tristano di Wagner e al romanticismo spicciolo di Beautiful il vero amore non è sempre quello impossibile e comunque extraconiugale?
c) Le famiglie sono spesso entità chiuse in se stesse e nel proprio egoismo: “Famiglie, porte chiuse, io vi odio!” grida André Gide. Dietro quelle porte infatti viene spesso calpestata ogni giustizia in nome appunto degli interessi della famiglia, che finisce per diventare un clan, un gruppo a vari livelli malavitoso, una “famiglia” mafiosa appunto, dentro la quale “si lavano i panni sporchi” senza sottoporsi alle regole della trasparenza e della verità.
d) E alla critica precedente si lega strettamente quella di origine psicoanalitica: il matrimonio è spesso un inferno edipico di violenze camuffate da amore. Lungo tutto il XX secolo ci siamo resi conto di quali tremende ferite ognuno di noi subisca dentro le mura familiari, di quali omicidi bianchi e invisibili si commettano al riparo dei focolari domestici, come ammette perfino uno dei più grandi difensori cattolici del matrimonio, Denis de Rougemont: “La famosa ‘pace del focolare’ non esiste se non per bocca di una certa eloquenza mediocre, politica, borghese o edificante. Tolstoj, dal canto suo, la descrive come un ‘inferno’. E io gli faccio il più ampio credito! Dato che le creature dei due sessi, prese a una a una, sono generalmente dei birbanti, o dei nevrotici, perché dovrebbero diventare degli angeli una volta accoppiati?”

4. Ora queste critiche non posseggono le loro ragioni? Non descrivono una situazione storica reale? Non è incontestabile che dietro le tanto celebrate “virtù domestiche” si celavano (e si celano) spesso orrori e violenze indicibili, teatri edipici poco edificanti, asservimenti cruenti delle donne e schiavizzazioni dei figli? Non è forse vero che tante volte lungo i secoli il “bel nome” delle famiglie unite è stato un tragico sepolcro imbiancato? E qual è poi il tempo che dovremmo rimpiangere? Quando e dove i “valori” cristiani sono stati realmente rispettati? Forse quando le famiglie “cristiane” mandavano più o meno ogni vent’anni al massacro i propri figli in nome di Dio e della patria? Forse quando era la legge penale, se non addirittura quella tribale, a tenere le famiglie unite nei loro inferni quotidiani? Quali mondi poi, quali assetti sociali producevano queste famiglie “cristiane” bene unite, questi “valori” ben solidi? Andiamo a guardarli più da vicino questi “paradisi perduti” della cristianità e vedremo che c’è ben poco da rimpiangere…

5. In realtà tra 8 e 900 tutte le istituzioni sociali, e non solo il matrimonio, vengono sottoposte a critica, ed entrano perciò in crisi: crollano imperi millenari, la Chiesa perde il suo potere temporale ed entra con il Concilio Vaticano II in un tempo di straordinarie revisioni e purificazioni, la scuola, l’esercito, ogni istituzione viene indagata, e ci si chiede: che cosa c’è sotto tutti questi valori proclamati? E inizia quella strategia del sospetto che, usata con il dovuto discernimento, non è altro che uno strumento di purificazione e di liberazione da ipocrisie secolari. Una strategia d’altronde che è stato proprio Gesù Cristo ad insegnarci, denunciando senza mezze misure l’ipocrisia farisaica di tutti i sepolcri imbiancati della storia, di tutti quelli che in nome della religione, della morale,della famiglia, o di un ordine di qualsiasi tipo, opprimono gli uomini, gravandoli di pesi insostenibili. E allora incominciamo a dirci con chiarezza che non è in crisi il matrimonio veramente cristiano, che è stato ed è un fenomeno davvero raro, ma la sua caricatura deforme, diventata istituzione sociale rigida e soffocante, in cui il più delle volte l’uomo e la donna restavano del tutto estranei e separati, altro che unione in un’unica carne… I maschi scaricavano nelle loro guerre, tutte tra maschi, il fuoco che non riuscivano ad utilizzare nell’amore coniugale: con tutte queste lance e fucili e cannoni e missili sparavano fuori e per uccidere un fuoco che non sapevano utilizzare per dare vita unendosi con le proprie mogli. Mentre le donne si intristivano nelle loro solitudini piene di rancori e sensi di colpa, recluse in un mondo femminile povero di autentiche possibilità di crescita umana. E per il resto, per tutto l’eros inutilizzato, c’erano i bordelli, i tradimenti, le donne angelicate, gli amori impossibili, l’omosessualità, e il gusto sottilmente erotico dei pettegolezzi di paese…

6. Da questa prima disamina delle ragioni fondate che stanno alla radice della attuale crisi del matrimonio possiamo comprendere che il matrimonio del XXI secolo non potrà mai più essere né la tomba della creatività femminile né la tomba dell’eros e della spiritualità, né un luogo di totale mancanza di comunicazione né un paravento per difendere interessi sociali.
E’ possibile un matrimonio liberato da tutti questi gravami soffocanti, in cui l’uomo e la donna continuino a conoscersi e a scoprire se stessi in una relazione viva e autentica? E poiché la famiglia è il luogo della nascita dell’umano, è come chiedersi: sarà possibile un nuovo tempo di crescita per l’umanità di questo pianeta? Sapremo uscire da questa crisi, che non è solo del matrimonio, ma di un’intera figurazione antropologico-culturale?

Il matrimonio del XXI secolo

1. Io credo che per sviluppare un matrimonio davvero libero, e quindi idoneo per l’umanità che sta emergendo, dovremmo comprendere meglio che l’unione coniugale è un processo, una lunga storia attraverso la quale due persone si uniscono sempre più profondamente e integralmente su tutti i livelli del loro essere: fisico, emotivo, mentale, e spirituale. In quanto la coppia maschio/femmina è l’immagine umana di Dio (Gen 1,27), più la loro relazione coniugale è realizzata più essi divengono divini, in quanto imparano ad amare vera-mente, con tutto il loro essere. In realtà, nella misura in cui io riesco ad amare la mia donna, io imparerò anche ad amare le altre persone: il coniugarmi reale, infatti, determina di per sé la mia uscita dall’isolamento infantile: “lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie”(Gen 2,24; Matteo 19,5), e questa uscita dalle simbiosi e dalle nevrosi infantili coincide con il mio rendermi disponibile per gli altri in generale. Più mi coniugo con la mia donna, in altri termini, e più mi unisco alla terra e alla sua storia, mi rendo disponibile per diventarne strumento di liberazione.
Questa coniugazione liberante è però appunto un processo lungo e difficile, che non può certo identificarsi con l’istante delle nozze. Il sacramento è solo l’inizio, l’apertura di una possibilità tutta da realizzare. Per cui noi oggi dobbiamo sottolineare la bellezza del processo, dobbiamo spiegarne bene le fasi e favorirlo nelle storie concrete delle coppie, invece di ribadire un po’ istericamente la sacralità formale del matrimonio. Le persone oggi non hanno certo bisogno di altri carichi moralistici o doveristici, chiedono solo, e spesso senza neppure saper formulare la loro richiesta, una risposta concreta alle loro difficoltà: itinerari autentici, percorsi reali, sapienze incarnate che sappiano guidarli verso la loro realizzazione umana nel matrimonio. Ed è su questi punti che per prima la Chiesa è chiamata a misurarsi.

2. Ora, come procede nella realtà quotidiana la coniugazione tra un uomo e una donna? Come resta vivo e vero un matrimonio? Potremmo dire con molta semplicità: nella misura in cui essi si conoscono vicendevolmente sempre di più, nella misura in cui la donna aiuta l’uomo a scoprire se stesso, a dirsi, a rivelarsi nelle proprie profondità anche più buie, a non nascondere la propria debolezza; e nella misura in cui l’uomo aiuta la donna a uscire da ogni chiusura, da ogni mascheramento, da ogni autolimitazione o paura, e ad esprimere la propria creatività, la propria autorevolezza. Sembra facile, ma non lo è affatto, in quanto noi umani abbiamo una grande paura di guardarci dentro con onestà e tanto più di farci guardare. Tutti desideriamo a parole amare, aprirci, avere relazioni autentiche e profonde, ma al contempo una parte di noi non ne vuole affatto sapere, vuole stare chiusa nel proprio guscio, terrorizzata al solo pensiero di doverne uscire. Ma se la conoscenza reciproca, che si fonda in realtà sul desiderio di conoscere se stessi e il mistero stesso della vita, non procede, anche il matrimonio si ferma, e allora o si firma, spesso senza parole, un patto segreto di non belligeranza e di effettiva separazione, oppure si giunge rapidamente alla rottura.
Oggi molti matrimoni saltano per aria e si rompono presto, perché si sono indebolite le coercizioni sociali. Ma anche i nostri padri e i nostri nonni vivevano spessissimo matrimoni rotti, solo che continuavano a convivere dietro il paravento della facciata da salvaguardare…

3. Chiediamoci di nuovo: come procede dunque la conoscenza reciproca nel matrimonio? Come possiamo favorirla e approfondirla in questa fase storica che richiede nuove profondità in ogni ambito della nostra esistenza?
Innanzitutto dobbiamo comprendere che il conoscersi coniugale ha a che vedere contestualmente e indissolubilmente con la comunicazione verbale e con la comunicazione sessuale: quanto più ci conosciamo svelandoci l’un l’altra nelle profondità dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, delle nostre paure, e dei nostri desideri, tanto più impareremo a conoscerci anche nell’intimità dell’unione sessuale. Non a caso biblicamente conoscersi significa proprio coniugarsi sessualmente. L’unione sessuale, la sua profondità e verità, dipendono dall’approfondimento della conoscenza reciproca che la coppia realizza nella sua relazione verbale. La verità del nostro discorso e delle nostre parole dà la misura della verità della nostra unione sessuale, e viceversa. Non solo, ma la fiamma dell’attrazione erotica resta viva solo se nella coppia resta vivo l’interesse a scoprirsi sempre di più, a esporsi, a conoscersi sempre più a fondo, a lasciare che nuove parti di noi stessi e dell’altra persona possano emergere. Ora anche questo sembrerebbe un desiderio naturale e proprio di tutti, ma non è affatto così, e gli esiti di tanti matrimoni stanno lì a dimostrarcelo. Lo abbiamo già detto: noi umani, in una parte del nostro essere, non desideriamo affatto scoprirci e farci conoscere, vogliamo al contrario nasconderci, coprirci di maschere illusorie, mettere in scena perfezioni e personaggi immaginari, piuttosto che mostrare i travagli reali della nostra persona. Ecco perché il matrimonio del XXI secolo, che voglia essere per davvero un cammino spirituale verso l’amore pieno, dovrà divenire lo spazio in cui l’uomo e la donna si aiutino a denudarsi fino in fondo per unirsi a tutti i livelli del proprio essere, e lasciare così che l’Amore di Dio compia pienamente le nozze e li renda persone nuove, nuova umanità, Corpo di Cristo che opera nel tempo per la salvezza del mondo.

4. “Uno non si nasconde all’altra, non sfugge all’altra”, dice Tertulliano dei coniugi nel suo trattato Alla moglie. Perché questo possa avvenire oggi, nel nostro contesto culturale e ai livelli di profondità oggi possibili e necessari, io credo che dovremo sviluppare itinerari di formazione adeguati per il credente del XXI secolo. La cristiana e il cristiano, e ancora più radicalmente ogni uomo e ogni donna del nostro tempo deve imparare già da giovane a parlare di sé, a confrontarsi con le proprie emozioni reali, a non nascondere o rimuovere le proprie paure e le proprie vergogne, ad interpretare la propria storia familiare, le ferite ricevute, e così via. Solo così potrà in seguito, nell’ambito della relazione coniugale, proseguire in coppia questo cammino di autoconoscimento e di guarigione.
Anche la comprensione del ruolo primario e spirituale della comunicazione sessuale e del suo approfondimento richiede una nuova stagione di formazione. In ambito cristiano veniamo infatti da secoli di pura e semplice demonizzazione della sfera sessuale, e dovremmo capire che è proprio questa rimozione/repulsione una delle cause primarie della crisi del matrimonio e di tante degenerazioni e perversioni di cui poi ci lamentiamo. Purtroppo lo stesso matrimonio, in quanto spazio della relazione sessuale, ha avuto i suoi santi detrattori. Come non ricordare il grande Agostino: “Quanto a me, penso che le relazioni sessuali vadano radicalmente evitate. Penso che nulla avvilisca lo spirito dell’uomo quanto le carezze di una donna e i rapporti corporali che fanno parte del matrimonio”. Altro che integrazione tra eros e agape, invocata da Benedetto XVI nella sua ultima enciclica: “In realtà eros e agape – amore ascendente e amore discendete – non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro. Quanto più ambedue, pur in dimensioni diverse, trovano la giusta unità nell’unica realtà dell’amore, tanto più si realizza la vera natura dell’amore in genere”(n.7). E ancora: “Se l’uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come una eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità.”(n.5) Ma questa integrazione fisico-spirituale è un lungo e difficile cammino, che richiede uno spirito nuovo e molto più libero entro le coscienze dei cristiani.

5. Nell’amore coniugale dunque ogni giorno impariamo a scoprirci un po’ di più, a conoscerci un po’ di più, ad unirci fisicamente e spiritualmente un po’ di più, ad amarci un po’ di più, e quindi a divenire umani e divini al contempo sempre di più nella nuova umanità di Cristo che ci unisce, ci purifica, e ci guarisce per renderci strumenti di salvezza per il mondo. L’amore coniugale cresce cioè lungo il processo della nostra Ri-Generazione: non è mai disgiungibile dal processo concreto della nostra integrazione interiore. E’ questa sua verità che dobbiamo riscoprire e ribadire, affinché il matrimonio non appaia mai più come una coercizione legalistica, ma per quello che è: il luogo più appropriato per la nostra piena realizzazione umana.
Quello che stiamo vivendo è davvero un tempo nuovo e propizio, e la crisi del matrimonio tradizionale è un segno di questa novità. Sta a noi cogliere il significato dei tempi ed aprirci a questa nuova stagione in cui il mistero dell’Incarnazione di Dio sta penetrando dimensioni sempre più profonde della nostra umanità per liberarle e trasfigurarle .