Ciò che nasce e ciò che muore
a Occidente
Questo libro (Lo spartiacque, Ed. Paoline 2006) parte dal presupposto che la nostra umanità si trovi su un crinale epocale di portata antropologica, su un ponte, attraversato il quale un intero mondo apparterrà al passato, mentre nuovi scenari si apriranno dinanzi ai nostri occhi rinnovati.
Questo passaggio diventa perciò anche uno spartiacque che divide e dividerà sempre più nettamente ciò che muore da ciò che sta nascendo, ciò che non è più utilizzabile (di tutte le storie che in questo punto di svolta vengono a convergere) da ciò che invece appartiene alla eredità della nuova umanità che si sta configurando in ognuno di noi e sul pianeta terra sempre più unificato.
Questa coscienza di attraversare una soglia decisiva della storia, che diventa necessariamente una sorta di giudizio universale e di setaccio selettivo di ogni figurazione culturale della storia, ha determinato le ricerche di tutte le menti più illuminate del XX secolo. Einstein come Jung, Giovanni XXIII come Heidegger, Teilhard de Chardin come Simome Weil, Etty Hillesum come Eliot, Gandhi come Giovanni Paolo II erano pienamente consapevoli che il 900 avrebbe avviato una trasformazione della vita umana senza alcun precedente commisurabile. E’ solo in questi ultimi venti/trenta anni che la riflessione sul passaggio cruciale in atto si è molto affievolita, come se dovessimo fare una specie di sosta o di pausa digestiva, dopo i terribili tracolli e le tragedie che le speranze di un profondo rinnovamento storico-politico avevano prodotto, configurandosi spesso come violenza rivoluzionaria e dando vita a sistemi totalitari. Ma la catastrofe dei fascismi, delle guerre mondiali, e del comunismo, non ha affatto attenuato il processo trasformativo della storia planetaria né il vortice di annientamento in cui un’intera figurazione antropologica si sta consumando. Siamo perciò urgentemente chiamati ad elaborare un pensiero nuovo che sappia interpretare il senso evolutivo di ciò che (ci) sta accadendo, per facilitarne il corso. Dobbiamo in altri termini immaginare una rivoluzione possibile, perché un enorme rivolgimento è già in corso e non possiamo far finta di niente o subirne passivamente gli scossoni. Solo un nuovo pensiero, una nuova e più profonda interpretazione dei segni dei tempi, potrà evitare che il travaglio della trasformazione produca troppo dolore.
I dieci saggi qui raccolti (scritti da A. Cencini, M. Ceruti, G. Fornari, A. Gentili, L. Maggi, R. Mancini, G. Martirani, C. Molari, P. Ricca, M. Rupnik, A.N. Terrin) costituiscono un’ottima mappa per orientarci nel passaggio, per ricominciare a pensare all’altezza della sfida dei tempi, per ritrovare il coraggio del giudizio e della invenzione culturale. Ogni saggio analizza un ambito specifico dell’esperienza umana contemporanea, dal punto di vista della transizione in corso. Ci si chiede perciò: che cosa sta nascendo e che cosa sta morendo nel mondo della politica, nel rapporto tra scienza e religione, nella chiesa cattolica, nell’economia mondiale, e così via? La cosa più rilevante è che ogni analisi di settore illumina l’altra, e tutte insieme ci mostrano con una certa chiarezza i caratteri complessivi della figurazione umana che sta tramontando e di quella che sta faticosamente tentando di emergere.
Se, per esempio, nell’ambito della politica constatiamo ogni giorno di più l’insufficienza e l’inadeguatezza mentale e morale dei sistemi bellici e imperiali di potenza come dei riformismi “all’europea”, che non sanno cambiare la vita reale delle persone né fronteggiare le emergenze di giustizia nel mondo, quale tipo di religione corrisponde a queste figurazioni morenti della politica? Quale tipo di arte e di economia? Quale tipo di comunicazione di massa o di editoria? Quale tipo di scienza e di formazione umana in generale?
I dieci saggi che vi proponiamo illustrano proprio questi rapporti, e ci fanno comprendere come l’attuale sviluppo tecnico-mercantile abbia assoluto bisogno di una scienza riduzionistica, di una comunicazione di massa omogeneizzante e decerebrante, di una politica inerte e senza slanci creativi, di una religione cultuale e legalistica, di una educazione materialistica e depressiva, di un’arte nichilistica e disperata, di una filosofia impotente, e così via. Tutto si tiene, e il Morto persiste a dominare sulla terra immettendo in tutto il corpo dell’umanità i suoi veleni paralizzanti.
Il Morto dunque finge ancora di essere vivo in mille modi, è anch’egli creativo, e dobbiamo sviluppare la vista del Nascente per smascherarlo nelle sue sottilissimi finzioni.
Grandi a questo proposito sono i suggerimenti che ci vengono dalle pagine che leggerete.
Scopriamo infatti che il Morto va smascherato nelle politiche dei privilegiati e dei riformisti tutelati, così come nel cinismo di tutti gli impotenti pronti a scagliarsi contro chi ancora spera. Il Morto si nasconde nelle forme religiose senza più anima, autoritarie e sacrificali, nelle chiese che parlano solo a se stesse, con linguaggi incomprensibili e violenti, alimentando la massificazione piuttosto che la liberazione concreta delle persone. Il Morto spadroneggia nell’editoria che riduce la cultura a genere di intrattenimento o a industria del tempo libero, negli inserti “culturali” dei giornali ridotti a carrellate di inutili curiosità o a museo, in una televisione pubblica e privata che ogni giorno ci impone un’immagine devastante e deprimente di umanità, in un’arte che conferma l’annientamento dell’umano con i suoi cadaveri o con le sue sempre più insulse ed innocue “provocazioni”. Il Morto si rallegra e prolifera in una chiesa che non sa formare uomini e donne davvero ri-generati, che si accontenta della rappresentazione teatrale dell’iniziazione cristiana e della nascita dall’alto, che si illude di colmare il proprio deficit di creatività storica con un ritorno patetico all’autoritarismo e alla sacralizzazione, che arriva sempre in ritardo, che si riduce ad ideologia morale o addirittura ad avallo di politiche atee e insieme “devote”.
Il Morto incomincia a temere e a tremare solo quando qualcuno ha il coraggio di indicarlo per quello che è, solo quando si incomincia a delineare appunto un netto spartiacque, innanzitutto dentro noi stessi, in quanto ognuno di noi deve riconoscere ogni giorno e combattere risolutamente le proprie tendenze regressive, per farsi tramite efficace del Nascente.
E il volume che presentiamo ci aiuta anche a scorgere i primi lineamenti di questa nuova figura di umanità che sembra per ora configurarsi più che altro in tante piccole esperienze, a volte addirittura marginali. Il Nascente sembra possedere una consapevolezza ampia, di raggio planetario, e insieme sembra privilegiare la cura diretta delle cose più vicine e delle persone più prossime, rispetto alle rigide e roboanti proclamazioni ideologiche. Il Nascente sembra dare grande valore perciò all’educazione e alla relazione personale in generale, ai luoghi quotidiani e domestici dell’esistenza piuttosto che ai raduni delle grandi piazze della politica o della religione. Il Nascente ricerca un’esperienza spirituale profonda e autentica, sa custodire e amare la propria fede, ma sa anche imparare dalle altre, in quanto possiede una forte coscienza della dinamicità storica del processo in cui la verità ci si rivela.
E se la stessa pensabilità di una Umanità Nuova si radica nel mistero cristiano della Nuova Umanità inaugurata dal Cristo Gesù, se cioè tutto questo schema interpretativo, che poi ha caratterizzato l’intera modernità, è impensabile fuori della rivelazione cristiana e della storia cristiano-occidentale di questi ultimi 2000 anni, è pur vero che lo stesso cristianesimo storico attraversa oggi il proprio spartiacque, una soglia in cui è chiamato a purificarsi di tutto ciò che di bellico, di chiuso in se stesso, di autoreferenziale, e quindi di appartenente alla Vecchia Umanità, ancora imprigiona, deforma e limita la propria verità. Il Nascente cioè, che per il cristiano non è altri che lo stesso Gesù nascente in ognuno di noi, sta da tempo ripulendo proprio la propria casa, e il Concilio Vaticano II e la storica e profetica richiesta di perdono, fatta da Giovanni Paolo II, sono solo i primi passi di questa grande e lunga conversione. Il Nascente provoca cioè il cristianesimo storico a ritrovare la propria radicalità e al contempo a riconoscere la propria parentela stretta con tutti gli sviluppi davvero evolutivi della modernità.
Il Nascente ci chiama dunque innanzitutto ad un’esperienza cristiana radicale, e cioè a farci assorbire e appunto trans-figurare dal mistero della nostra nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito. Questa liberazione ci rende poi davvero capaci di incontrare le altre religioni con spirito libero, umile e riconoscente, consci che questo è un tempo davvero provvidenziale, in cui è il Signore della storia (e non il caso) ad aprirci a questo lavoro di ri-conoscimento reciproco, che implica purificazione da ogni egoismo religioso, da ogni presunzione o arroganza, e sviluppo di un’attitudine interiore di puro servizio. Il Nascente parimenti ci chiama a riconoscere la radice radicalmente cristiana della scienza moderna come slancio di creatività libera, possibile solo all’interno della visione biblica del ruolo dell’uomo nel cosmo. E infine siamo chiamati a comprendere fino in fondo che tutti i movimenti di liberazione politica e di emancipazione della modernità si radicano nell’essenza messianico-rivoluzionaria del cristianesimo, per cui il Nascente ci chiede oggi di recuperarne e di purificarne gli intenti, riscoprendone appunto la radice spirituale.
Viviamo in un grande tempo, in un tempo straordinariamente propizio ed estremo, propizio proprio perché estremo, un tempo in cui siamo tutti chiamati a decidere da che parte stare, da quale parte di noi stessi e delle forze in campo nel mondo schierarci: se con ciò che sta morendo, e che sembra trionfare nel suo lunghissimo tracollo, oppure con il piccolo germoglio, che però custodisce dentro di sé tutte le promesse, tutto il futuro dell’umanità.
Prefazione al volume Lo spartiacque – Ciò che nasce e ciò che muore a Occidente , Ed. Paoline 2006.