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Spiritualità contemporanea ed esistenza cristiana

 Il titolo di questa riflessione chiede quale rapporto ci sia tra l’attuale condizione spirituale dell’umanità e la vita cristiana, e cioè in che modo e in che senso ciò che sta avvenendo sul pianeta terra in questi anni di straordinarie trasformazioni si correli e abbia a che fare con il mistero cristiano che ci dice che lo Spirito di Dio sta trans-figurando la nostra umanità nella figura perfetta dell’Uomo-Dio Gesù Cristo (2Cor 3,17-18), e cioè ci sta trasformando in esseri divini, “eredi di Dio, coeredi di Cristo”(Rm 8,17).

Per rispondere adeguatamente a queste interrogazioni svilupperò 4 brevi passaggi:
1.innanzitutto farò una sintetica premessa metodologica;
2.poi mi soffermerò su una lettura di questa nostra fase storica, interpretandola come tempo di una vera e propria svolta antropologica;
3.su questa base tenterò di verificare se e come questa lettura dei tempi possa inquadrarsi entro lo schema cristiano della storia della salvezza;
4.ed infine cercherò di trarre alcune conseguenze che queste riflessioni potrebbero avere sulla vita concreta dei cristiani e delle diverse comunità ecclesiali.

Il mistero di Dio ci si rivela nel travaglio della nostra storia

Porci domande sul rapporto tra la condizione storica dell’umanità contemporanea e i contenuti essenziali della fede cristiana, affinché si illuminino a vicenda, presuppone che noi riteniamo che il mistero di Dio ci si riveli proprio nel travaglio della nostra storia, sia personale che collettiva. E’ lì che dobbiamo guardare, è dentro la nostra biografia, dentro le difficoltà più concrete della nostra vita personale, affettiva e lavorativa, è dentro la carne dei nostri giorni terreni che lo Spirito di Dio ci sta parlando oggi. Dio insomma ci comunica la conoscenza di Sé nella fatica di un processo, che è poi quello attraverso il quale noi riusciamo a comprenderlo come Senso e Direzione salvifica dentro le nostre esistenze incarnate.

Dio, che “è Spirito” (Gv 4,24), ci si rivela dunque solo nella storia del nostro personale e storico conoscerlo, giorno dopo giorno, a piccoli pezzetti di pane quotidiano. Una storia questa che è tuttora aperta, come ha ribadito Giovanni Paolo II nell’Enciclica Novo Millennio ineunte: “Sappiamo infatti che, di fronte al mistero di grazia infinitamente ricco di dimensioni e di implicazioni per la vita e la storia dell’uomo, la Chiesa stessa non finirà mai di indagare, contando sull’aiuto del Paraclito, lo Spirito di verità al quale appunto compete di portarla alla ‘pienezza della verità’(cfr: Gv 16,13)”(n. 56).

Questo nostro processo di comprensione (di Dio dentro la nostra storia) non è poi per nulla astratto o intellettualistico. Non comprendiamo cioè lo Spirito di Dio oggettiva-mente, facendone appunto un oggetto fuori di noi, distinto da noi, e quindi in effetti separandocene; quanto piuttosto proprio unendoci sempre più intimamente con Lui, spirito nello Spirito, vento nel vento, diventando cioè proprio Uno Spirito, diventando Dio: “ciò che nasce dallo Spirito è Spirito”(Gv 3,6).
In altri termini la comprensione autentica di Dio come Spirito è sempre iniziatica: siamo chiamati a diventare ciò che desideriamo conoscere.
Per cui possiamo arrivare a dire in estrema sintesi: Dio ci si rivela (solo) nella storia del nostro conoscerlo, e cioè del nostro diventare divini, e quindi pienamente umani, in Cristo (1Gv 3,2).

Ecco perché per comprendere l’azione dello Spirito oggi, e quindi il suo vero essere, che è il suo darsi a noi, non dovremmo tanto ricercare nuove e più sottili definizioni “oggettive” e metastoriche, che finiscano per separarci dalla sua vita in atto; ma dovremmo appunto calarci sempre più profondamente nella lettura della nostra storia, di ciò che ci sta accadendo, delle sofferenze, delle angustie, delle insostenibilità interiori e planetarie in cui stiamo soffocando. E’ lì che lo Spirito di Dio ci si sta rivelando oggi un po’ di più di ieri o di l’altroieri, come precisa la costituzione conciliare Gaudium et spes: “Il Popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo spirito del Signore, che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio”(11a).

Lo Spirito continua dunque a trans-figurarci rivelandocisi dentro le nostre storie, ed operando continue correzioni delle nostre concezioni errate su noi stessi, su Dio, e sul mondo. Ci trans-figura cioè correggendo le nostre errate credenze (mentali e morali). E lungo questa storia di correzioni, operate dallo Spirito della Verità, e quindi di Ri-Generazione (divino-umana) della nostra umanità, ci troviamo proprio adesso in un punto di svolta, nel travaglio di un Passaggio Cruciale, che siamo appunto chiamati dallo Spirito ad interpretare e a vivere con nuova consapevolezza.

La svolta antropologica: la fine dell’io ego-centrato, la fine della guerra

E veniamo al secondo punto: come possiamo descrivere in pochi tratti la condizione storico-spirituale dell’uomo contemporaneo? E cioè ciò che di essenziale (ci) sta accadendo sul pianeta terra?
Le analisi che troviamo in circolazione, in ogni ambito, sono infatti molto contraddittorie: si oscilla tra scenari apocalittici ed entusiasmi da nuova era nascente, tra grida di dolore per i processi di inarrestabile secolarizzazione e scristianizzazione e grida entusiastiche per fantomatici nuovi rinascimenti cattolici. E questa disparità di valutazioni la rinveniamo sia nelle analisi economiche che in quelle relative agli sviluppi delle tecnologie, sia in quelle socio-politiche che in quelle relative alle condizioni morali e spirituali dell’umanità del XXI secolo.

Prendiamo, ad esempio, un documento molto rilevante della Chiesa cattolica, gli Orientamenti pastorali validi per il primo decennio del 2000 elaborati dalla Conferenza Episcopale Italiana, dal titolo Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.
Ebbene come descrivono i vescovi italiani il nostro presente? Innanzitutto vengono sottolineati molti aspetti positivi: un “desiderio di prossimità, di socialità, di incontro, di solidarietà, e di ricerca della pace” (n.37); una “rinnovata ricerca di senso” e “un anelito alla trascendenza” (n.38), e così via. Tendenze dunque estremamente evolutive e del tutto nuove, in quanto non mi sembra che questi segnali di anelito alla liberazione interiore e storica, di pacificazione universale, o al superamento “della contrapposizione tra mentale e corporeo” appartengano tradizionalmente alla nostra cultura. Ebbene poche pagine dopo si apre uno scenario del tutto diverso, addirittura catastrofico: “le persone che si dicono senza religione sono in aumento”, cresce un “analfabetismo religioso delle giovani generazioni”(n.40); addirittura si rileva “una vera e propria eclissi del senso morale”(n.41). Ma come? non c’era una crescita del senso di solidarietà? e non è questo un segno di crescita proprio del più autentico senso morale? Ma l’analisi peggiora ulteriormente: dilaga il “relativismo”, la “indifferenza diffusa per le domande più radicali”(n.41). Ma non cresceva proprio la domanda di senso, che è la più radicale in assoluto? Si arriva infine a denunciare “un vero e proprio smarrimento”, e infine “il rischio della scissione interiore”.

Chiediamoci allora: come possiamo spiegarci queste ambiguità, queste contraddizioni così eclatanti, queste oscillazioni a volte paradossali nella lettura del presente? A me pare che esse derivino proprio dalla carenza di un quadro interpretativo storico-epocale adeguato che ci spieghi che cosa stia veramente finendo e cosa stia nascendo oggi in Occidente: che cosa cioè stia ormai vivendo la propria crisi terminale, e cosa tenti invece di emergere come novità di vita e di pensiero. Questa povertà interpretativa ci può portare ad esempio a valutare come una perdita irreparabile la morte di alcune forme (della morale o della stessa religiosità), che in profondità invece potrebbe indicare proprio l’avanzamento di un processo evolutivo.

C’è inoltre da sottolineare che la miopia ermeneutica sulla portata antropologica dei rivolgimenti in atto si è molto aggravata negli ultimi 20/30 anni, sia in ambito laico che in ambito cattolico, dove sembra riemergere infatti la solita tentazione di far finta che nulla di nuovo stia succedendo. Tentazione “continuistica” che negli ultimi secoli ha portato la Chiesa cattolica a reiterate sconfitte spirituali e culturali, e a penose rincorse della storia, spesso attuate purtroppo fuori tempo massimo… La coscienza cattolica contemporanea dovrebbe al contrario tenere bene a mente queste parole di uno dei pensatori più rappresentativi del cattolicesimo novecentesco, Jean Guitton, e trarne le dovute conseguenze: “Non vedo nella storia una crisi che sia paragonabile a quella che conoscerà il secolo XXI. Stiamo avanzando verso trasformazioni più grandi, verso eventi imprevedibili, di un’importanza inaudita”.

Se viviamo dunque effettivamente entro il vortice di una svolta antropologica, quale figurazione umana sta collassando in questo Occidente, inteso come epoca del mondo, tempo del Tramonto Universale?
In estrema sintesi potremmo provare a rispondere così:

se proviamo a leggere sinotticamente i vari fenomeni costellati lungo il XX secolo: dalla nuova fisica alle rivoluzioni epistemologiche e filosofiche, artistiche e poetiche, fino alle scoperte della psicoanalisi, e ancora dall’esplosione dei totalitarismi e dalle guerre mondiali, fino ai continui allarmi ecologici e bioetici, possiamo constatare che sta collassando quel tipo di soggettività umana che si rafforza chiudendosi e centrandosi su se stessa, facendo del mondo (degli altri e perfino di Dio) oggetti da dominare (concettualmente e poi tecnicamente); quel modo di essere un io umano cioè che possiamo definire ego-centrato, e che si esprime sui due livelli strettamente connessi delle diverse forme della conoscenza e delle varie forme della convivenza.

Questo io ego-centrato è per sua natura bellico, in quanto si rafforza proprio contrapponendosi all’altro da sé, ed infatti l’intera storia antropologica che abbiamo alle spalle non è che una storia di guerre tra identità (culturali e/o religiose) che si sono affermate polemica-mente l’una contro l’altra.
Questo tipo di umanità vive lungo il XX secolo, nella sua forma estrema razionalistico-tecnica, il proprio trionfo catastrofico, e cioè trionfa ovunque sul pianeta, mentre mostra al contempo di essere un principio molto relativo, e drammaticamente distruttivo se assunto come assoluto.

La nuova figurazione antropologica che sta faticosamente emergendo dentro il tracollo della vecchia potremmo invece definirla l’io relazionale o coniugale: una forma di identità umana cioè che si rafforza non contrapponendosi all’altro, ma proprio entrando in relazione, scoprendo anzi l’alterità (l’opposto complementare) anche dentro di sé, e quindi assumendo una natura molto più fluida, flessibile, e processuale, una natura pellegrinante, dialogica e metamorfica che sembra, tra l’altro, profondamente simile all’umanità del credente descrittaci nei Vangeli.

La lunga conversione dei cristiani

Come sta agendo questa grandiosa crisi dell’io egocentrato sul cristianesimo storico?
Innanzitutto vediamo che sono entrate in crisi tutte le forme egoico-belliche che la fede aveva assunto nei secoli. Abbiamo così sempre più decisamente rifiutato ogni uso della violenza impositiva in tutte le forme di catechesi o di apostolato, iniziando un processo di purificazione che penetra con forza sconvolgente nella vita della Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II, e trova un momento memorabile nella storica richiesta di perdono compiuta da Giovanni Paolo II nella prima domenica di Quaresima del 2000.

Questa straordinaria confessione pubblica rappresenta un vero e proprio nuovo principio nella storia del cristianesimo, un atto profetico ancora tutto da comprendere e da assorbire in comportamenti adeguatamente innovatori. Ed infatti il documento Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, redatto dalla Commissione teologica internazionale come accompagnamento esplicativo della richiesta di perdono, manifesta quasi con imbarazzo l’unicità, la singolarità epocale di questo atto penitenziale: “In nessuno dei giubilei celebrati finora c’è stata, tuttavia, una presa di coscienza di eventuali colpe del passato della Chiesa, né del bisogno di domandare perdono a Dio per comportamenti del passato prossimo o remoto. E’ anzi nell’intera storia della Chiesa che non si incontrano precedenti di richieste di perdono relative a colpe del passato, che siano state formulate dal magistero.” Qui non si è trattato infatti della ordinaria richiesta di purificazione che la Chiesa (semper reformanda) ogni giorno pone dinanzi a Dio, ma di una presa di coscienza inedita di errori strutturali che hanno per secoli deformato l’intera prassi pastorale, e quindi la stessa identità dei cristiani. Questo è il punto: rileggendo l’intero passato del cristianesimo, e confessandone le modalità distorte, egoistiche, e quindi violente, che connotavano l’espressione storica della loro fede, i cristiani si aprono ad una nuova modalità dell’essere cristiani, e cioè propriamente ad una profonda trasformazione della propria identità.
Non facciamo finta di non accorgercene…

Parimenti sono entrate in crisi le forme più oggettivistiche della vita cristiana: la ritualità estrinseca e teatralizzata, l’indottrinamento astratto, la metafisica razionale onniesplicativa, la sacralizzazione del potere ecclesiastico etc., a favore della ricerca di esperienze più personali dell’itinerario iniziatico cristiano, esperienze che cambino per davvero la nostra vita. Sono tornate così al centro dell’attenzione spirituale la guarigione psichica e fisica, la liberazione interiore, e la vita di comunità reali, realmente affratellate. Da queste dinamiche sono venuti fuori sia i nuovi movimenti ecclesiali, sia i nuovi fenomeni carismatici, che la stessa galassia della new age. Naturalmente di fronte a questa progressiva “liquidazione” di tante configurazioni psico-culturali secolari, emergono di tempo in tempo anche fortissimi fenomeni regressivi che animano quel fermento planetario che denominiamo fondamentalismo, e che esplode in tutto il mondo verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso.

Verso la Cresima del Mondo

Il terzo punto della nostra riflessione chiedeva: come possiamo interpretare tutto questo movimento trasformativo dal punto di vista della storia della salvezza, e cioè nella prospettiva del processo di divinizzazione/liberazione dell’uomo? Che cosa ha a che fare questo moto di rivolgimenti antropologici con l’azione dello Spirito di Dio che ci sta guidando verso la perfetta configurazione a Cristo?

A me sembra che in questo ambiguissimo terrae-motus, attraverso il quale vengono liquidate le nostre identità egoico-belliche, noi possiamo chiaramente discernere la potente trazione dello Spirito di Cristo. Sta proprio a noi cristiani d’altronde di compiere il sottile discernimento di queste traenze evolutive, di riconoscere cioè nei processi liquidatori e liberatori della modernità e del XX secolo l’azione salvifica del Cristo che, proprio per assimilarci più fortemente al proprio Spirito, ci sta purificando di una moltitudine di contro-figurazioni egoico-belliche, che per secoli hanno distorto e deturpato la nostra esperienza di Dio. Sta a noi discernere la spinta trans-figurativa dell’Uomo Nascente da quella soltanto sfigurante delle potenze del caos e della dissoluzione.

Non è difficile intravedere nel travaglio del nostro tempo un ineluttabile moto di unificazione tra i popoli e le culture, un fortissimo e crescente anelito di pacificazione, che sta liquidando inesorabilmente moltissime frontiere mentali, religiose, culturali, producendo al contempo contraccolpi regressivi tanto pericolosi quanto inconsistenti e destinati ad essere liquidati anch’essi. Ma questa unificazione non la può compiere il vecchio Adamo bellico, rinchiuso nelle sue identificazioni polemiche e aggressive. Solo la nuova umanità relazionale, coniugale, e quindi, per noi cristiani, Cristo-centrica, potrà portare avanti, purificandoli e rivelandoli fino in fondo, i progetti migliori della stessa modernità.

La svolta antropologica di cui stiamo parlando andrebbe perciò letta come una sorta di preparazione purificativa ad una fase più avanzata della storia della salvezza, una nuova fase in cui siamo chiamati a comprendere e a vivere molto più radicalmente il mistero della nostra nuova umanità che cresce aprendosi all’alterità dentro e fuori di sé, cresce e matura cioè solo facendo a tutti i livelli la pace.
Ecco perché potremmo dire che il senso segreto di questa svolta sia la Cresima del Mondo, la confermazione adulta, e cioè molto più consapevole e responsabile, di quel Battesimo di Ri-Generazione avvenuto duemila anni fa in Palestina, e ancora ben poco compreso e sperimentato.

Trans-formarci in comunità del Nascente

E siamo così arrivati all’ultimo e forse più arduo punto del nostro piccolo cammino: quali conseguenze possono avere queste considerazioni sulla vita concreta dei cristiani, e sulle forme in cui esprimiamo e trasmettiamo la nostra fede?
Ancora una volta in estrema sintesi potremmo dire che gli effetti si riversino su tutti e tre i livelli fondamentali dell’Annuncio, della Cultura, e della Formazione.

Innanzitutto, come risulta evidente da quanto abbiamo detto finora, dovremmo comprendere fino in fondo che stiamo davvero attraversando una soglia epocale nuova, in cui l’annuncio evangelico della nascita di una nuova umanità deve e può trovare una inedita evidenza: Cristo ormai è nei fatti, diceva Bonhoeffer.
L’annuncio in altri termini è certamente lo stesso, ma lo stiamo comprendendo ad un livello nuovo, in quanto l’uomo vecchio si sta mostrando nella sua essenza omicida in modo sempre più diretto e palese, sia che si nasconda ancora sotto i vari nomi di Dio, sia che si mascheri di quella oggettività scientifica e tecnica, di quella pseudo-neutralità “laica” che ci lascia ogni giorno di più senza senso e senza fiato.
Nel tempo apocalittico – in cui appunto la forma egoica della nostra esistenza umana si rivela senza mezzi termini come mortale e mortifera – l’Annuncio della Nascita può diventare nuova-mente “nuovo”, se siamo in grado però di proclamarlo nella lingua di oggi, parlando come a Pentecoste, e cioè mossi davvero dallo Spirito, la lingua delle persone che ci stanno davanti, e non qualche dialetto strano e arcaico, ormai incomprensibile ai più.

Dobbiamo perciò rianimare una pastorale della Nuova Nascita con itinerari concreti in cui accogliere le donne e gli uomini “terminali” del nostro tempo, per indirizzarli all’esperienza di un passaggio al di là dell’agonia dell’ego che ognuno di noi sta vivendo.
Questo implica ribadire la drasticità dell’alternativa che ci si apre davanti tra l’adesione ai parametri mentali del nostro uomo vecchio, alienato, terminale, e bellico (anche religiosa-mente bellico), e quella alla mentalità trans-egoica e divina del Nascente. Dobbiamo ribadire che tra questi 2 stati interiori non c’è alcuna mediazione, ma solo una svolta continua, una conversione costante, una sorta di morte reiterata (Rm 12,2).
Dobbiamo ribadire in altri termini che lo stato ego-centrato è uno stato strutturale di alienazione da sé (caduta), in cui l’ignoranza, l’oppressione della morte, e la violenza bellica convivono e si alimentano inestricabilmente.
Dobbiamo cioè annunciare che senza conversione (meta-noia) della mente non c’è che la nostra distruzione personale e collettiva, sempre più evidenziata tra l’altro dai fatti quotidiani della cronaca.

Questa rianimazione dell’Annuncio potrà poi dar vita ad una nuova cultura radicalmente critica nei riguardi delle varie forme di resistenza della vecchia umanità che opera ancora sia in noi che nel mondo. Dobbiamo cioè riscoprire l’essenza distruttiva che è insita nei processi di nascita del Nuovo: “Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo”(1Gv 3,8).

Questo grande ricominciamento implica infine l’avvio di una straordinaria stagione di sperimentazione formativa. Tutti gli itinerari formativi sono attualmente inadeguati alle esigenze della nuova umanità che sta emergendo, sia quelli cristiani (dalla catechesi dei bambini alla formazione religiosa) che quelli scolastici o professionali.
La fase terminale della nostra umanità egoico-bellica è particolarmente difficile e dolorosa. Abbiamo tutti bisogno perciò di essere accompagnati, di essere assistiti, consigliati, istruiti sulle diverse fasi della trasformazione. Abbiamo urgente bisogno di forme inedite di accompagnamento spirituale che coniughi la consapevolezza della natura storico-salvifica del presente ad una sapienza psicologica, nutrita dai contributi (ben selezionati e integrati) delle scienze umane.

E’ solo da un lavoro rigenerativo profondo, infatti, e cioè da un’esperienza sempre più intima e radicale della rinascita nello Spirito dell’Uomo Nascente, che possiamo poi intuire i percorsi concreti verso i quali riorientare la nostra vita, la nostra Chiesa, il nostro lavoro, la nostra parrocchia, o la nostra Congregazione.
Senza un ricominciamento spirituale idoneo, e condiviso in gruppi affiatati che si educhino alla comunicazione autentica, ogni progetto di rifondazione della vita familiare, politica o ecclesiale, risulterebbe del tutto astratto ed estrinseco. E’ solo la Nuova Umanità nascente in noi che potrà guidarci in questo passaggio cruciale.
Gli ultimi tempi, lo sappiamo, sono tempi di prove, ma sono anche tempi di una straordinaria effusione dello Spirito (Atti 2,17). Apriamoci perciò con fede alla sua potenza di guarigione, di illuminazione, e di ricominciamento.

Tratto dal volume collettivo “Credo nello Spirito Santo”, a cura di G. Giorgio e M. Melone, EDB 2009