Scoprire l’intima unione tra creatività radicale ed esperienza cristiana
La crisi di creatività della cultura cristiana
1. Come possiamo essere creativi oggi nel mondo, in quanto cristiani? E’ ancora immaginabile un rilancio, una riproposizione entusiasmante e storicamente efficace della fede cristiana? Ed in che modo? Queste sono le domande che dobbiamo porci, in un momento in cui ci si interroga addirittura se il cristianesimo potrà avere un futuro nella società postmoderna, e quindi appunto se sarà capace di una nuova creatività storica e culturale.
Ma, se vogliamo tentare di rispondere seriamente a questi interrogativi, senza cioè rifugiarci in un atteggiamento retorico o apologetico, che, ad esempio, scarichi sempre fuori della storia della Chiesa la responsabilità della sua impotenza spirituale, dobbiamo sempre tornare a riflettere sulla specifica e singolarissima condizione culturale in cui ci troviamo a vivere in quanto persone del XXI secolo. Spesso la cultura cristiana contemporanea, invece, dà proprio l’impressione di non rendersi veramente conto dell’ampiezza del travaglio epocale in cui siamo immersi, per cui le parole in cui continuiamo ad esprimerci, per riprendere le acute analisi di padre Amedeo Cencini, risultano sempre più astratte e noiose, “rischiamo così di parlare davvero un’altra lingua, che solo pochi capiscono, c’intestardiamo a usare linguaggi ‘religiosi’ senz’accorgerci che abbiamo inevitabilmente sempre meno uditori, perché quei linguaggi, spesso fin troppo pii e logorati dall’uso, ma pure astratti e disarticolati dalla vita e dai suoi problemi, hanno un referente antropologico che non solo non è quello della cultura e della sensibilità attuale, ma che all’uomo d’oggi dice ben poco”.
2. Per uscire da questa drammatica crisi di creatività linguistica, e quindi spirituale, io credo che sia necessario comprendere meglio innanzitutto come e perché ci siamo arrivati. In seguito vorrei delineare alcuni caratteri della crisi di creatività che attanaglia l’intero mondo odierno, e non solo l’area culturale cristiana, per vedere infine se la nostra fede nel Principio di ogni creazione, incarnato ormai pienamente nella nostra umanità, per trans-figurarla, possa illuminare questa fase apparentemente oscura della storia ed aprirla ad uno sbocco di nuova e inaudita crescita creativa.
L’ampiezza delle domande, che oggi più che mai siamo chiamati a farci, mi costringerà a sintesi estremamente veloci, di cui mi scuso in partenza. Il mio intento d’altronde non è tanto quello di raggiungere una qualche completezza scientifica o argomentativa, quanto di offrire piuttosto al lettore alcuni stimoli e suggerimenti per scoprire o ampliare le fonti della propria creatività. Oggi cioè, specialmente in ambito cristiano, non mi sembra di primaria importanza offrire contenuti o programmi definiti di azione caritativa o apostolica, quanto piuttosto contribuire efficacemente a smantellare le incrostazioni storico-culturali (e quindi psicologiche e in definitiva spirituali) che ci tengono separati dal Fuoco Creante, da quello Spirito della nostra nuova umanità che tutto sta ri-creando e che noi continuiamo, spesso inconsapevolmente, a soffocare.
La creatività come valore tipicamente moderno
1. Essere creativi, secondo l’accezione più corrente, significa fare cose nuove, vedere problemi antichi in modo inedito o intuire questioni che ancora nessuno vede con chiarezza, per poi trovare soluzioni al di là di tutte le risposte fino a quel momento già acquisite. Essere creativi vuol dire cioè inserirsi in un determinato contesto storico in modo originale ma al contempo coerente e fedele alla traiettoria evolutiva della tradizione che si intende rinnovare: “Il criterio di originalità, presente in ogni attività creativa, non è sufficiente se è disgiunto da una legalità generale che consente all’attività creativa di essere riconosciuta da altri individui. L’accadere della creatività secondo regole è ciò che la distingue dall’arbitrarietà”(U. Galimberti).
Il vero creativo non è dunque il puro e semplice ribelle che infantilmente crede di distruggere la propria tradizione, quanto piuttosto l’artista che con amore e con furore vuole espanderne i confini ed inverarne i presupposti.
2. Questa particolare qualità dell’essere umano diviene sempre più centrale e determinante con l’avvento e l’affermarsi della modernità e dello spirito scientifico che, come precisa lo storico L. Ginkey, “stimolò un senso nuovo dell’autonomia e della libertà creativa dell’uomo, della sua capacità di riplasmare questo mondo”. Il valore e la stessa idea di una creatività umana si fondano infatti su due presupposti teorici che sono a fondamento della rivoluzione antropologica moderna, e che proprio ora possiamo comprendere in tutta la loro rivoluzionarietà, e cioè:
a) l’ordine del mondo (cosmologico, politico, conoscitivo, e perfino morale) non è statico, non è definito una volta per tutte, ma è storico, si dà cioè temporalmente, attraverso una processualità di mutazioni sostanzialmente “rivoluzionarie” (dalla rivoluzione copernicana in poi); e
b) l’uomo è inserito in questo processo storico con la propria libertà creativa, può cioè intervenire attivamente, non deve solo prendere atto di un mondo esterno sovrastante e bloccato e adeguarvisi, ma può interagire appunto creativamente col darsi storico del mondo. La creatività umana è dunque reale e radicale, in quanto la sua libertà è reale e radicale: per cui l’uomo, si potrebbe anche dire, trascende sempre il mondo dato. D’altronde se il sistema del mondo (cosmico come politico) fosse chiuso in sé (bloccato in una necessità tragica e fatale, come il cosmo greco), che spazi di libertà autentica e quindi di creatività radicale avrebbe l’uomo?
Naturalmente la piena comprensione dell’abisso della libertà creativa dell’uomo si appalesò molto lentamente ed esplose nella sua evidenza (almeno in alcuni ambiti del sapere) solo nel XX secolo, mentre in realtà è ancora ben lontana dall’essere divenuta coscienza comune, come vedremo.
3. Ciò che vorrei per ora sottolineare è solo che ad un uomo del medioevo non poteva nemmeno venire in mente qualcosa di simile. In qualsiasi cultura premoderna infatti il compito primario dell’uomo non è e non può essere quello di essere creativo o innovativo, quanto piuttosto di riprodurre nel modo più fedele possibile quei modelli di conoscenza e di vita che provengono dalla più veneranda antichità, dalle origini cioè, e che sostanzialmente riflettono su questa terra gli ordinamenti immutabili del cielo. Non è cioè la creatività a porsi al centro della formazione del vero uomo, del giusto o del saggio premoderni, quanto piuttosto l’obbedienza fedele alle regole e ai principi già dati.
Da questo punto di vista la Chiesa cattolica del XVII secolo aveva le sue buone ragioni quando avvertì subito l’enorme pericolo che lo spirito della libera ricerca poteva rappresentare per ogni concezione statica del cosmo, della società (civile ed ecclesiale), o della vita in genere. La sua intuizione era giusta, anche se non molto lungimirante, in quanto se tutto incomincia a muoversi nell’infinito dei cieli, se neppure le stelle o i pianeti sono immobili e fissi, è molto probabile che prima o poi anche i Re-Soli o i Troni o le Cattedre di ogni potere umano verranno smobilitati anche sulla terra, costretti cioè a seguire il mutamento, o a scomparire. Cosa che inesorabilmente continua ad accadere appunto da 4 secoli.
La deriva nichilistica della creatività moderna
1. Credo che sia molto importante tenere presente questa terribile tensione che si è subito manifestata tra tradizione cristiano-cattolica e creatività moderna nella nostra civiltà occidentale, in quanto è proprio questo scisma interno alla nostra cultura che da una parte spiega la crescente carenza di creatività culturale del cattolicesimo, fino agli odierni allarmi di estinzione, e dall’altra illumina le cause originarie dell’involuzione nichilistica, della perdizione potremmo dire, faustiana prima e frankensteiniana dopo, in cui è precipitato il progetto moderno di una creatività assoluta, arbitraria e senza radici.
Non sarà venuto il tempo di riconiugare cristianesimo e creatività, e cioè di scoprire la loro intrinseca e originaria unità? Non è proprio il mistero dell’Incarnazione del Verbo Creativo di Dio nell’uomo, infatti, a rendere pienamente possibile e pensabile la creatività radicale che la modernità ha rivendicato, e cioè la sovranità dell’uomo su qualsiasi legge fissa e perfino sulla struttura materiale del mondo? Non possiamo finalmente gridare tutti con Cristo, e a ragione molto meglio veduta: Io ho vinto il mondo (Giov. 16,33), e cioè l’Io, il mio Io più vero non è un prodotto di questo mondo, ma è il principio della sua trans-figurazione? Non è proprio questa radicale libertà creativa il carattere preminente della nuova figura di umanità che preme in noi per nascere e dare nuovo inizio alla storia del mondo?
2. Ma andiamo per gradi. E chiediamoci adesso: in che condizione si trova oggi il progetto di nuova umanità avviato con l’epoca moderna?
Molto in sintesi, in base alle esigenze della nostra riflessione, potremmo dire che tutte le grandi speranze di dominio scientifico-tecnico della natura e di liberazione politica dell’umanità, fondate sullo sviluppo della razionalità e della libera volontà dell’uomo, abbiano raggiunto straordinari successi, ma verificato anche orrori e fallimenti inenarrabili lungo il XX secolo, al punto che oggi ben pochi uomini sulla terra credono più nella assoluta positività della creatività umana, e infatti i grandi progetti di liberazione sembrano in buona parte paralizzati.
La creatività moderna sta vivendo il suo mercoledì delle Ceneri, forse la sua fase purificativa, e intanto si riduce a forsennato produttivismo tecnologico. Sulla scena mass-mediologica del pianeta “creativo” è oggi il pubblicitario più che lo scienziato, lo stilista di moda più che il poeta, il programmatore di video-giochi più che il filosofo, il calciatore più che l’artista, e il comico più del politico. Mai come in questi ultimi venti anni ha dominato un così vertiginoso falso movimento “creativo”, in cui tutto sembra mutare a velocità crescente, mentre la trasformazione avviene solo sui livelli più superficiali della proliferazione degli oggetti e delle telecomunicazioni.
Nel profondo dei cuori vige al contrario un dolorosissimo blocco evolutivo, una vera e propria paralisi della creatività culturale autentica, quella cioè che tocca e modifica la autocomprensione di noi stessi, il nostro sguardo che trasfigura il mondo.
L’essenza cristologica della creatività moderna
1. Io credo che la crisi di vitalità creativa della cultura cristiana e lo sbocco nichilistico in cui è precipitato il progetto moderno ci stiano spingendo verso una soluzione che è in realtà un vero e proprio salto evolutivo nella direzione di una nuova creatività storica consapevolmente fondata sul mistero della presenza dell’Amore Ri-creativo nell’uomo.
In sintesi estrema potremmo enunciare questo concetto così: il progetto moderno di ri-creazione (conoscitiva e politica) del mondo, da realizzarsi attraverso la libera operatività dell’uomo, sta per riscoprire, ad un nuovo livello di profondità, la propria essenza intrinsecamente messianica, il proprio sgorgare e rimanere entro quella storia della ri-creazione del mondo che da duemila anni chiamiamo storia del cristianesimo; e a sua volta il cristianesimo storico sta comprendendo sempre meglio che la creatività libera espressa dalla modernità manifesta in modo inedito proprio il cuore della speranza cristiana, e cioè che ormai l’uomo è libero da ogni determinazione coercitiva del mondo ed è anzi chiamato, in Cristo, a vincere e a trasfigurare tutte le strutture interiori o storiche o fisiche di questo mondo che pretendano ancora di sovrastarci e di opprimerci: “niente vi sarà impossibile” (Matteo 17,20).
2. In forma paradossale, ma non troppo, potremmo dire che oggi noi cristiani non siamo più molto creativi in quanto non siamo ancora sufficientemente “moderni”, e noi moderni non siamo più veramente creativi in quanto non siamo ancora sufficientemente cristiani. La nuova creatività storica sta sgorgando infatti da un attingimento più radicale, anche se non sempre consapevole, della verità del cristianesimo, la quale illuminerà, purificherà, e porterà avanti il progetto moderno di liberazione dell’uomo. L’essere umano, infatti, sta per comprendersi come essere radicalmente creativo, un essere “che con il suo stesso passo genera i cammini sui quali posa i piedi”, come sintetizza bene l’epistemologo Mauro Ceruti.
Tutte le ricerche scientifiche più avanzate del XX secolo d’altronde hanno già dissolto l’idea di un mondo “oggettivo” che l’uomo dovrebbe solo conoscere dal di fuori, per poi adeguarvisi. Oggi sappiamo che il mondo in un certo senso nasce continuamente nel nostro tentativo di guardarlo, di conoscerlo, e di interpretarne il senso. L’uomo cioè co-crea continuamente il proprio mondo, direbbe Fritjof Capra: “La cognizione non è una rappresentazione di un mondo che esiste indipendentemente, ma è piuttosto una continua generazione del mondo tramite il processo della vita”. Ma ben prima di queste riflessioni, Claudel avrebbe parlato della conoscenza umana come co-naissance, co-nascita di me e del mondo ogni volta che provo a dire che cosa sia la realtà e cosa sia io stesso. E lo stesso Nikolaj Berdiaev aveva da tempo toccato il cuore (tutto cristiano) della questione: “La verità non è un dato obiettivo: è una conquista creatrice, una scoperta dello spirito creatore, e non una conoscenza riflessa di un oggetto, dell’esistenza obiettivata. La verità non si confronta con una realtà predefinita, d’origine esterna; un tale confronto è impossibile: essa è la trasfigurazione creatrice di questa stessa realtà”.
Riconiugare creatività e fede cristiana
1. Io credo che questo nuovo modello di umanità radicalmente creativa che emerge un po’ da tutto il pensiero del XX secolo costituisca proprio il punto di contatto, la rivelazione di parentela stretta tra creatività moderna portata fino in fondo e mistero cristiano della salvezza.
Noi uomini infatti possiamo concepirci come radicalmente creativi (e cioè liberi fino al punto di operare liberamente sulla costituzione del mondo) solo all’interno della rivelazione ebraico-cristiana per la quale da una parte la persona umana è di per sé radicalmente libera e creatrice, in quanto immagine attiva e cooperativa del Padre, che è appunto per antonomasia il Creatore (trascendente dunque e superiore ai mondi che crea); e dall’altra, attraverso l’unione col Principio della Ri-Creazione universale incarnatosi nell’uomo Gesù Cristo, ogni persona può essere ormai strumento libero e consapevole dell’opera della salvezza che sta appunto riplasmando, trans-figurando (Prigogine forse direbbe ri-organizzando) il mondo e l’intera umanità ad un nuovo livello di pace e di bellezza. Il mio Io dunque, il mio vero Io trans-egoico, la mia nuova umanità che mi si rivela in Cristo, trascende nella sua libertà creativa il mondo dato, non è letteralmente di questo mondo, ma è un agente libero della sua ri-generazione.
2. In quanto moderni dobbiamo comprendere perciò che la più radicale creatività umana consiste nell’aderire al Principio della Ri-creazione in atto, e che quindi la più alta libertà creativa sgorga innanzitutto da un atto di umile ascolto, da un’attitudine direi mariana di ricezione, di custodia, di gestazione, e di pro-creazione. Solo così riconiugheremo creatività libera e obbedienza al Principio, preservando la creatività umana da tutti quegli orrori che ha prodotto e continua a produrre allorché è lasciata all’arbitrio di chi ha perduto ogni contatto col Principio vivente della propria ri-creazione.
Dobbiamo comprendere e sperimentare che l’atto creativo radicale (quello cioè che realmente vince e trasfigura un qualche aspetto coercitivo e bloccato del mondo) non è mai arbitrario, ma sgorga sempre da una legge al di là di ogni legge, da un vincolo di amore che stringe ma non costringe, dalla ricezione fedele di un più di vita che innanzitutto ri-crea la nostra persona, e che noi cristiani chiamiamo Spirito dell’Amore, Spirito di Dio, Spirito della Trans-Figurazione (appunto della ri-creazione) dell’uomo e del mondo.
3. Certo non sarà breve il tempo necessario affinché i fisici e gli scrittori, i politici e gli artisti dell’Occidente comprendano di essere tanto più cristiani quanto più sono radicalmente creativi e liberi fino in fondo; ma intanto come agisce in ambito cristiano l’impatto dell’idea che la spiritualità dell’incarnazione sia intrinsecamente creativa? Che cioè la creatività non sia un’attitudine in più da sviluppare, ma l’essenza stessa dell’esperienza spirituale cristiana?
Questa idea, come dicemmo all’inizio, è relativamente nuova per la tradizione cattolica, che infatti solo da alcuni decenni sta rivedendo il proprio atteggiamento antimoderno (e quindi anticreativo), aprendosi ad una concezione più dinamica della storia. Per la prima volta durante il Concilio Vaticano II il concetto tutto moderno dell’aggiornamento e della mobilità evolutiva dei vari ordini (sociali, politici etc) venne visto con sguardo di simpatia: “il genere umano passa da una concezione piuttosto statica dell’ordine, a una concezione più dinamica ed evolutiva”.(Gaudium et Spes n.5g) Ma siamo ancora ben lontani dal comprendere fino a che punto la dinamicità evolutiva di tutti gli ordini storici possa trasformare gli stessi assetti istituzionali e giuridici della Chiesa. Insomma cosa sta diventando il cristianesimo sempre più preso nel vortice della trasformazione creativa che esso stesso è? A quali trasformazioni sono chiamate le chiese cristiane se si abbandoneranno sempre più gioiosamente a quel processo di alleggerimento e di liberazione che la modernità, nella sua carica dinamizzante tutta cristiana, induce e fomenta senza tregua?
Lasciamo che a queste domande risponda il travaglio storico-ecclesiale del prossimo secolo, ma è importante comprendere intanto che questo è in fondo l’unico vero problema da affrontare: come diventare più cristiani e quindi più creativi; e come diventare veramente creativi, pro-creatori di un mondo rinnovato, e quindi più cristiani.
Come formare cristiani creativi?
1. Anche qui tornano le domande sulla formazione più adeguata: come possiamo formare innanzitutto noi stessi a questa fede radicalmente creativa? Come si educa in generale una personalità creativa, capace di rompere gli schemi, di inventare soluzioni nuove? Su queste problematiche esistono già amplissime ricerche. Qui mi limiterò perciò a brevi spunti:
•Innanzitutto il nuovo creativo-cristiano (il mistico-tecnico) è una persona spirituale che rinnova e approfondisce ogni giorno il proprio contatto con lo Spirito dell’Amore che lo ri-crea, lo unifica, e lo rende così agente della Ri-Creazione universale; egli è cioè essenzialmente un contemplativo: la sua creatività sgorga dall’unione sempre riconquistata con il Cristo (Principio) Ri-creatore, che non è di questo mondo, che vince sempre il mondo, e che porta con sé un altro mondo, un nuovo progetto di umanità, il cui unico scopo è l’espansione indefinita dell’amore.
•Da questo contatto rinnovato ad ogni ora il credente-creativo impara a destrutturare sempre più profondamente le proprie difese egoiche, i propri mascheramenti (anche ecclesiali), e così coopera anche alla dissoluzione di tutte le residue strutture egoiche in cui continua ad esprimersi la nostra fede: il vero contemplativo cristiano è cioè sempre un sovversivo rispetto a tutti i sistemi bloccati, a tutte le prigioni (fisiche o psichiche) di questo mondo, e all’interno della Chiesa è necessariamente un riformatore: riformando se stesso riforma tutta l’assembea.
•Attraverso questo inesausto lavoro psicologico, spirituale, e culturale, il credente viene educato alla più autentica libertà, che implica sempre ricerca autonoma, rischio personale nelle scelte, piena e adulta responsabilità; solo così il credente-creativo impara ad inserirsi appunto in forma creativa, e cioè con forza e autorevolezza, nei vari contesti esistenziali e storici in cui si trova a vivere: educare alla creatività significa cioè essenzialmente educare alla libertà.
•Educare alla creatività significa anche formare alla singolarità, all’essere se stessi, individui fino in fondo, chiamati a dire la propria parola assumendosi tutti i rischi del caso, e qui certamente si toccano parecchi punti di attrito con la formazione religiosa tradizionale, la quale è spesso orientata ancora sui parametri medioevali dell’obbedienza acritica e della sottomissione infantile, piuttosto che sullo sviluppo della creatività che è sempre appunto individuale.
•Educare alla creatività significa infine formare alla critica esigente, alla volontà (tutta moderna e cristiana) di ricominciare sempre daccapo e di mettere in discussione ogni valore acquisito; questo comporta come è evidente un continuo pericolo di sviluppare attitudini individualistiche, narcisistiche, egoistiche o infantili: un pericolo d’altronde inevitabile, che va quindi corso, incrementando la consapevolezza su questo punto e il primario contatto contemplativo col Principio della nostra Ri-Generazione, che ci ridà continuamente la misura realistica di noi stessi, e quindi l’umiltà e la mitezza necessarie per operare l’azione critica sempre “con attrezzi nuziali”, come diceva il poeta René Char, e cioè con lo spirito dell’ amore unitivo, che distrugge solo ciò che divide.
2. In definitiva formare cristiani-creativi è un grosso pericolo per tutto ciò che nella nostra interiorità o nei nostri assetti storici o ecclesiali ha paura di giocare le certezze acquisite per amore di qualcosa di più alto e di più grande, che ormai vuole accadere sulla scena planetaria, globalizzata, della storia dell’uomo.
Non credo d’altronde che esistano alternative evolutive per la Chiesa: dobbiamo correre consapevolmente, e nella luce della fede, questo pericolo, che in realtà è una grazia di conversione e di trasfigurazione. Siamo entrati in una fase di straordinaria sperimentazione antropologica, stiamo edificando una nuova figura di umanità, e noi cristiani dovremmo trovarci sulle frontiere di questa avventura, non più sulle retrovie a difendere castelli di sabbia o scene di un teatro irrimediabilmente (e per grazia di Dio!) passato di moda.
C’è ancora molta resistenza, anche comprensibile, verso queste esigenze ineluttabili di ricominciamento/aggiornamento, molti cristiani si illudono di “restaurare i confini il più rapidamente e chiaramente possibile con delle misure amministrative”, come scriveva già nel 1963 Karl Rahner. Ma questa traiettora difensiva, precisava il teologo tedesco, ci incamminerebbe verso una chiesa-ghetto: il cristianesimo diverrebbe (ma in tante sue espressioni non lo è già?) una setta tra le altre, sempre più ostilmente e paurosamente separata dalla società in cui vive, e sempre più incapace di trasformarla da dentro.
Per evitare questa deriva fallimentare io credo che dobbiamo appunto esprimere tutta la creatività, tutta la modernità, tutta la rivoluzionarietà della nostra fede, smantellando dentro di noi e fuori di noi tutto ciò che ormai è solennemente morto e può quindi essere tranquillamente sepolto: “La Chiesa quindi, proprio in quanto Chiesa, è l’istituzione della lotta contro tutto ciò che è semplicemente istituzionale e pretende di essere sostituto e rappresentante di Dio; se rivoluzione è negare bellicosamente che una determinata cosa delimitata sia la realtà definitiva, la Chiesa è la rivoluzione in permanenza”(K. Rahner).
Più questo spirito, che è poi semplicemente lo Spirito di Cristo, diverrà visibile e operativo, più sapremo creare luoghi di incontro, crocevia, comunità, gruppi che sperimentino la trasformazione in corso con gioia e potenza spirituali, dando corpo e voce all’umanità nascente, e più saremo anche in grado di ascoltare le domande, i bisogni, il grido che sale dal travaglio dell’umanità e di corrispondervi con forza e generosità davvero creative.