Il pensiero cristiano custodisce l’ultima critica radicale al pensiero unico?
Questa Enciclica di Papa Francesco “sulla cura della casa comune” è probabilmente lo scritto più rivoluzionario che un papa abbia mai scritto in tutta la storia della Chiesa, ed un appello inequivocabile alla rivolta spirituale, culturale, e politica, come da tempo non si sentiva risuonare in questa nostra epoca così stanca, e dominata da menti sempre più affievolite, dal conformismo più ottuso, e dagli infiniti cori del pensiero unico.
Lo schema dello scritto è molto semplice: ci troviamo a vivere la fase terminale di un degrado dell’ambiente naturale e di quello sociale, che non ha precedenti, per cui “sembra di riscontrare sintomi di un punto di rottura, a causa della grande velocità dei cambiamenti e del degrado, che si manifestano tanto in catastrofi naturali regionali quanto in crisi sociali” (n. 61). Papa Francesco descrive una “vera catastrofe ecologica”, come la definì già Paolo VI nel 1970 (citato n. 4), che sta trasformando la terra “in un immenso deposito di immondizia” (n. 21). Ma insieme all’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo, oltre alla distruzione di interi paesaggi, delle coste, e di migliaia di specie animali, Francesco denuncia una devastazione che tocca l’uomo nella sua essenza. E’ l’uomo in realtà la specie più minacciata, più violata, più abbandonata al potere di una macchina tecno-mercantile che sta sfigurando ogni lineamento della nostra umanità. Quello che il papa chiama “il paradigma tecnocratico dominante” (n. 112) vuole distruggere infatti non solo la natura, ma in primo luogo la cultura umana, in quanto solo una umanità decerebrata, deprivata di ogni identità sessuale, familiare e culturale, storica e genealogica, può essere del tutto sottomessa ad un potere così evidentemente omicida e folle.
L’analisi dell’Enciclica è puntuale: ormai la cultura è soffocata da un’informazione pubblicitaria totalizzante e mortificante: “I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione” (n. 47). Questa cultura nichilistica perciò non può più ispirare alcun progetto politico serio, e dilaga per il mondo un’irresponsabilità folle nei confronti dell’ambiente, delle future generazioni, e dei poveri (n. 169), mentre la politica è del tutto asservita alle logiche numeriche e produttivistiche di un’economia, a sua volta pilotata soltanto dagli interessi della finanza mondiale e delle banche. Ne consegue che all’interno di questo paradigma non c’è più alcuna via di uscita, e ogni riformismo all’acqua di rose, ogni micro progetto politico che non si renda conto che “tutto è collegato”: crisi ambientale, caos morale, dominio dell’insensatezza, comunicazione di massa ottenebrante, coma profondo dell’arte, del pensiero, della spiritualità, e regno incontrastato di una ingiustizia planetaria; ogni prospettiva insomma unilaterale, parziale, che non sappia mettere in correlazione tutti i fenomeni distruttivi, finisce per rafforzare l’impero di una civiltà tecnocratica votata all’autodistruzione, come fanno d’altronde più o meno tutte le cancellerie europee (che tra l’altro si dicono spesso cristiane …).
La risposta di Papa Francesco a questa situazione è chiara: “Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale” (n. 114). Non sono più possibili mezze misure: “L’umanità è entrata in una nuova era in cui la potenza della tecnologia ci pone di fronte ad un bivio” (n. 102). O continuiamo ad obbedire al tipo di uomo auto-centrato, ateo, egopatico, sradicato, infelice e pazzo, che pretende ormai di autocrearsi, e che sta devastando la terra e massacrando l’uomo, oppure ci incamminiamo verso un rivolgimento globale, verso un processo di conversione radicale dell’umano, verso una vera e proprio nuova umanità: “non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia” (n. 118).
Rivoluzione storico-culturale e conversione personale sono le due operazioni congiunte, a livello di mondo e a livello di anima, di un vero e proprio passaggio di umanità, di una svolta antropologica ineluttabile e non più rinviabile. Nessun ecologismo da operetta, perciò, viene avallato da questa enciclica, nessun ambientalismo politicamente corretto, che si commuove per il destino delle balene, e tace sul dramma quotidiano dell’aborto (n. 120), che si indigna per ogni OGM e poi legittima il commercio di ovuli o di uteri o di embrioni umani vivi trasformando l’abominio del mercato delle carni umane nella difesa di diritti che violano ogni equità e ogni senso di umanità (n. 136). No, Francesco, è esplicito: qui stiamo parlando di una rivoluzione culturale globale, che tocchi innanzitutto il cuore alienato dell’uomo, e da lì tragga la luce per una inedita forma di resistenza: “Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico” (n. 111).
Questa nuova umanità è poi sostanzialmente quella inaugurata dall’Incarnazione di Cristo, che ha sanato una volta per tutte la nostra relazione con noi stessi, con il creato, e con Dio; ma ora la storia della salvezza sembra essere giunta ad una fase nuova, ad una sorta di ricominciamento, che non a caso chiama tutti, e la Chiesa per prima, ad una nuova evangelizzazione. E qui si apre la parte centrale dell’Enciclica, senza la quale il discorso potrebbe apparire una semplice petizione morale o una pura esortazione all’impegno sociale e politico: errore nel quale sono caduti moltissimi commentatori “laici”.
No, l’impianto del discorso di Francesco è esplicitamente cristologico.
La rottura dell’armonia tra Dio, Uomo, e Mondo, non nasce ora o con lo sviluppo del mondo industriale: “Questa rottura è il peccato. L’armonia tra il Creatore, l’umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutandoci di riconoscerci come creature limitate” (n. 66). E’ da lì che inizia la tragedia universale, di cui gli ultimi secoli sono solo la manifestazione più evidente, e perciò apocalittica: ci si sta mostrando cioè nella cronaca quotidiana ciò che il Cristo ci ha rivelato: l’uomo vecchio, ego-centrato, ateo, e folle, è un principio di distruzione; solo lasciandoci trans-formare nello Spirito della nuova umanità relazionale di Cristo, possiamo salvarci, ritrovando il giusto rapporto con noi stessi, con Dio, e con tutto il creato, e riorientando così il cammino di tutta la creazione e anche degli stessi sviluppi positivi della modernità e della tecnica: “Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale” (n. 83).
Lo sviluppo delle tecnologie insomma ha prodotto molteplici vantaggi al genere umano (n. 102), sempre accompagnati da svariati e a volte dolorosi effetti indesiderati; ma ora questa ambiguità di progresso e devastazione è giunta ad un punto limite, in cui siamo chiamati a comprendere che la dilatazione dei nostri poteri richiede un salto di coscienza, una riconnessione con il principio spirituale della nostra creatività, con il Cristo/Verbo creatore, che opera in noi e attraverso di noi.
La tecnologia contemporanea è troppo potente per essere ancora guidata da un Io ancora tanto ego-centrato e quindi così cieco e stolto. E qui Papa Francesco utilizza ampiamente le riflessioni di Romano Guardini sulla fine dell’epoca moderna: “l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza” (cit. nel n. 105).
E’ dunque una umanità convertita e rigenerata nello Spirito di Cristo, e non una generica figura costruita da qualche ennesimo umanismo ateo, magari a carattere “ecologistico”, la nuova umanità che può contribuire a condurre l’intero creato verso la sua mèta gloriosa: “le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza” (n. 100); e ancora: “L’essere umano dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pienezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore” (n. 83).
Ma anche il cristianesimo storico è coinvolto nella rivoluzione antropologico-culturale contemporanea, ed è perciò chiamato anch’esso a rievangelizzarsi per un nuovo inizio. In fondo il mondo moderno e lo stesso sviluppo controverso e ambiguo della soggettività autonoma e delle tecnologie fioriscono proprio sul terreno storico della civiltà cristiana, che non può chiamarsene fuori. Per cui la crisi spirituale e morale, in cui siamo immersi, coinvolge anche il cristianesimo storico e tutte le chiese, spingendole a profonde revisioni e riletture della propria storia.
Si tratta innanzitutto di riconiugare in modo nuovo la tradizione cristiana e cattolica con le culture moderne che da essa sono nate, operando una faticosa correzione reciproca, e un difficile discernimento di ciò che nella modernità è davvero evolutivo e cosa invece è pura distruttività. Un lavoro di pensiero al quale Benedetto XVI ha richiamato sempre l’attenzione distratta della cultura occidentale.
E poi si tratta di elaborare sintesi inedite che scavalchino il divorzio secolare tra Vangelo e cultura, che denunciava già Paolo VI. A questo ci convoca anche Papa Francesco: “Si attende ancora lo sviluppo di una nuova sintesi che superi le false dialettiche degli ultimi secoli. Lo stesso cristianesimo, mantenendosi fedele alla sua identità e al tesoro di verità che ha ricevuto da Gesù Cristo, sempre si ripensa e si riesprime nel dialogo con le nuove situazioni storiche, lasciando sbocciare così la sua perenne novità” (n. 121).
Il programma di questa enciclica è insomma davvero impressionante: rivoluzione culturale globale, conversione spirituale più radicale alla nuova umanità di Cristo (n. 217), nuovo slancio mistico (n. 216) verso la pace interiore (n. 225), e la capacità di essere presenti al Presente dentro il frastuono del mondo (n. 226), e quindi rilancio contemplativo e storico-politico, mistico e profetico, della stessa fede cristiana.
Un programma che può per davvero scaldarci il cuore e impegnarci per inaugurare, magari ancora quasi nel segreto, un nuovo millennio, una nuova civiltà: “L’autentica umanità, che invita a una nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi impercettibilmente, come la nebbia che filtra sotto una porta chiusa. Sarà una promessa permanente, nonostante tutto, che sboccia come un’ostinata resistenza di ciò che è autentico?” (n. 112).
Alla domanda del Papa ci sentiamo di rispondere con forza e con fiducia: Sì! L’umanità nascente preme ormai in tutti noi e la sua potenza risplenderà di giorno in giorno dissipando le tenebre dell’ignoranza, della violenza, e della menzogna, più faremo spazio in noi alla sua ridente e travolgente libertà.
Marco Guzzi