L’amore e la giustizia
L’ultimo dialogo tra Paolo e Luca
“Amico mio, maestro, lo so che sei tanto stanco, e che vorresti morire; lo so che in questa estrema prigionia hai maturato la certezza che l’ultima soglia sarà per te l’ingresso in una gioia senza confini; ma devi spiegarmi un’ultima cosa prima di partire”.
“Ti ho sempre amato, Luca, perché sei davvero sincero, e a volte sai curare non solo i corpi, ma anche lo spirito, chiedi perciò, non temere”, rispose Paolo, nella penombra della sua piccola camera, ripiena del frastuono di Roma.
“Tu ci insegni ogni giorno che non dobbiamo odiare nessuno, anzi che dobbiamo benedire chi ci maledice, e pregare per quelli che ci perseguitano (Rm 12,14), è giusto no?”
“Ma certo, carissimo Luca, e come potrebbe essere altrimenti? È questo atteggiamento del cuore che ci distingue da tutti, e ci fa simili al Signore, che ci ha ripetuto costantemente che dobbiamo amare i nostri nemici (Lc 6,28), e cioè che il nostro cuore deve rimanere unificato, Uno, come Uno è Dio stesso”.
“Appunto, caro Paolo, ma allora perché poi dici di avere consegnato a Satana il povero Alessandro, solo perché ti era ostile (1Tm 1,20), e perché ci dici di tenercene alla larga, e dici per giunta che il Signore gli renderà secondo le sue opere (2Tm 4,14-15)? Non capisco, mi sembra una contraddizione.”
“Comprendo il tuo smarrimento, caro Luca, e hai ragione, sembra proprio una contraddizione; ma non lo è.
Dimmi tu adesso chi è secondo te il discepolo che più di tutti noi ha compreso l’essenza dell’amore, per come Gesù ce ne ha parlato?”
“Penso che sia sicuramente Giovanni, nessuno più di lui ha vissuto e ha cantato l’amore come essenza stessa di Dio, e come vocazione universale di ogni essere umano”.
“Giustissimo; ma allora come ti spieghi che questo amabilissimo apostolo sostenga poi con inaudita fermezza che chi non si attiene alla sua dottrina non deve neppure essere ricevuto in casa dai credenti, e addirittura che non dovremmo neanche salutarlo, perché se lo salutassimo parteciperemmo alle sue opere malvagie (2Gv 10)?”
“Hai ragione, sembra davvero molto strano …”, quasi balbettò il povero Luca, ma Paolo imperterrito incalzò:
“E chi è, e senza alcun confronto, l’essere umano più aperto, più mite, più umile, e più buono, che tu conosca?”
“Ma è di certo Gesù, che è venuto tra noi beneficando e guarendo e illuminando tutti noi, donando addirittura la sua vita, senza porre mai alcuna condizione.”
“Giustissimo, e che il suo Spirito che è amore e pace senza fine illumini ogni giorno il nostro cuore dolente. Ma allora come ti spieghi poi che Gesù affermi tanto duramente che chi non accoglierà l’annuncio dei suoi discepoli avrà un destino peggiore di quello di Sodoma (Mt 10,15), e predice un giudizio severo per intere città, per Corazim e per Cafarnao, perché non lo hanno ascoltato? E addirittura proclama che di Gerusalemme tutto verrà distrutto, e non rimarrà pietra su pietra, perché non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata (Lc 19,44)?
“Non lo so, Paolo, hai vinto ancora una volta tu, spiegami allora, se vuoi, ciò che ancora non capisco”.
“E’ semplice, caro il mio medico premuroso, ma solo nella luce dello Spirito, solo se resti nella sua rotonda e perfetta unità. Lì c’è solo amore, e quello resta, io infatti amo Alessandro, il ramaio, sono tuttora unito al suo spirito, ma è lui che se ne è allontanato, è lui che si è separato da se stesso, e io non posso farci nulla, non posso forzarlo, e non posso neanche lasciare che avveleni altri, e distrugga la nostra unità spirituale. Capisci? Dio è e resta amore senza condizioni, ma separarci da lui non è senza conseguenze, queste le produciamo noi stessi separandoci, e noi dobbiamo far capire a tutti i nostri fratelli e a tutte le nostre sorelle che questa vita è un gioco sì, ma molto serio. Se no, che medici saremmo? Medici che non sanno diagnosticare la malattia? Né tanto meno curarla?
Devi capire, insomma, che è un segno di amore quel grido di Gesù contro Cafarnao, e anche la severità di Giovanni, o la mia, è l’amore che ci spinge a dire a chi si separa: non farlo! Perché la tua separazione produrrà effetti distruttivi. Quando dico che lascio Alessandro a Satana, ciò vuol dire soltanto che lo lascio alle conseguenze delle sue scelte, alla distruttività del suo piccolo e cieco egoismo, nella speranza che queste prove possano riportarlo nella luce della verità.
Ma ora basta, caro Luca, come ti dicevo queste cose ce le spiega solo lo Spirito, che è Amore, ma anche Verità. Ora preghiamo un po’, facciamo silenzio insieme, e lasciamo che lo Spirito risani il nostro cuore ferito, sempre di più, sempre più in profondità, per il bene di tutti, e anche di chi ci odia, e ci perseguita.”
E si inginocchiarono nella piccola stanza, mentre la luce del Sole si eclissava dietro le estreme colline di Roma.
Il giorno dopo, il 29 giugno del 67 d.C., Paolo fu giustiziato a sud della città, lungo la via Laurentina, nella zona delle Aquae Salviae, sotto un grandissimo e profumatissimo pino.